L’obbligo di fare ricorso alla Commissione dove ha sede il concessionario dell’Ente locale è incostituzionale

Dichiarato incostituzionale l’obbligo di fare ricorso alla Commissione Tributaria dove ha sede il concessionario della Riscossione dell’Ente Locale Corte Cost. 158/2019

Con l’affidamento a società private di gestione dell’attività dell’accertamento e della riscossione degli enti locali, i contribuenti si sono trovati nella difficoltà di individuare la Commissione Tributaria da adire.

Se per esempio il Comune di Pozzuoli affida a una società di gestione della riscossione di Livorno, il ricorso dove fa depositato? A Livorno oppure a Napoli?
La norma imponeva la sede del concessionario per cui è intervenuta la Consulta stabilendo la necessità di consentire al contribuente di adire la Commissione Tributaria della provincia di residenza del Contribuente.
La Corte Costituzionale con la sentenza n.158/2019, depositata il 25 giugno 2019, ha dichiarato l’illegittimità dell’art.32 comma 2 del dlgs n.150/2011 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69) con riferimento all’art. 24 della Costituzione.

A sollevare la questione il tribunale di Genova secondo cui ancorare la competenza territoriale alla sede del concessionario avrebbe determinato una condizione di sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art.24 Costituzione. La Consulta ha condiviso la tesi dei giudici Genovesi, richiamando quanto affermato nella sentenza della Corte Costituzionale  n.44 del 2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 546/92 nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446 del 15 dicembre 1997 (Albo dei gestori dell’accertamento e della riscossione dei tributi locali) è competente la Commissione Tributaria Provinciale nella cui circoscrizione i medesimi soggetti hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale impositore.

Nella sentenza della Consulta del 2016 la Corte aveva ritenuto che «considerato l’ente locale non incontra alcuna limitazione di carattere geografico-spaziale nell’individuazione del terzo cui affidare il servizio di accertamento e riscossione dei propri tributi, lo spostamento richiesto al contribuente che voglia esercitare il proprio diritto di azione, è potenzialmente idoneo a costituire una condizione di «sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione» o comunque a «rendere oltremodo difficoltosa la tutela giurisdizionale». Secondo la Corte tali considerazioni sono valide anche nel caso in esame, in cui l’identico criterio di determinazione della competenza prescelta comporta identici effetti negativi per il ricorrente. L’effetto pratico della sentenza della Consulta è quello di far rivivere la competenza del giudice in cui ha sede l’ente locale. «Ritenuto irragionevole ai fini del radicamento della competenza territoriale, il riferimento alla sede del soggetto cui è affidato il servizio di riscossione, non può che emergere il rapporto sostanziale tra l’opponente e l’ente concedente», si legge nella sentenza. Con la conseguenza che alla sede di quest’ultimo, «ai fini della determinazione della competenza, non vi è alternativa.
In sostanza, i ricorsi contro le cartelle esattoriali emesse dal concessionario della riscossione, se quest’ultimo ha sede in una provincia diversa da quella dell’ente impositore, devono essere proposti alla Commissione Tributaria Provinciale che ha la competenza territoriale su quest’ultimo, per evitare che il cittadino-contribuente debba sobbarcarsi costi aggiuntivi tali da rendere estremamente difficoltoso, nonché costoso, l’esercizio del proprio diritto di difesa o addirittura da indurlo a rinunciare ad impugnare la cartella esattoriale o l’avviso di pagamento.

la Corte Costituzionale ha chiarito, con riferimento all’art. 24 Costituzione , ha stabilito che  «tale precetto costituzionale “non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti purché non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale”; Infatti lo
spostamento richiesto al contribuente che voglia esercitare il proprio diritto di azione, garantito dal parametro evocato, è potenzialmente idoneo a costituire una condizione di sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione   (Corte Cost. sentenza n. 63 del 1977; sentenza n. 427 del 1999 e ordinanza n. 99 del 2000: ordinanza n. 386 del 2004).

Dott. Giuseppe Marino difensore tributario

Albo dei gestori dei Tributi locali

Corte Cost. pronuncia 158/2019

Corte Cost. pronuncia 44/2016

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