
Intimazione per contributi previdenziali, differenza tra opposizione ex art 615 e 617 cpc
Molto spesso ci si confonde con i termini nel fare opposizione avverso un’intimazione di pagamento, se non si inquadra bene l’opposizione se agli atti esecutivi (617 cpc) o all’esecuzione (615 cpc) oppure ex art. 24, co. 5, d.lgs. n. 46/1999.
La questione non è di poco conto, in quanto se si propone opposizione ex art. 617 cpc il termine per impugnare è di 20 giorni dalla notifica, se invece si propone opposizione ex art. 24, co. 5, d.lgs. n. 46/1999 il termine per impugnare è di 40 giorni dalla notifica, se invece si propone opposizione ex art. 615 cpc, non c’è termine.
La differenza tra opposizione agli atti esecutivi e opposizione all’esecuzione risiede in questo: La prima tende a paralizzare temporaneamente l’azione esecutiva o determinati atti esecutivi, mentre la seconda è volta a negarla alla radice.
Io personalmente propendo sempre per proporre opposizione entro 20 giorni, ovviamente se il cliente porta l’atto dopo i 20 giorni, ma preferibilmente dentro i 40 gg, è meglio conoscere bene gli orientamenti giurisprudenziali al fine di evitare l’inammissibilità.
Nei confronti dei titoli esecutivi emessi ai fini della riscossione di contributi previdenziali e i premi Inail, sono esperibili, a seconda dei casi, tre tipi di azioni:
1) l’opposizione di merito (“contro l’iscrizione al ruolo”) laddove si contesti la legittimità della pretesa (art. 24, co. 5, d.lgs. n. 46/1999); Termine 40 giorni
2) l’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., allorché si adducano (l’impignorabilità dei beni o) fatti estintivi o modificativi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo (come la prescrizione); senza Termine
3) l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., allorché si deducano vizi formali del procedimento di esecuzione, compresi i vizi strettamente attinenti al titolo ovvero dell’intimazione della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito, nonché alla notifica degli stessi. Termine 20 giorni
Qualora si facciano valere ragioni estintive della pretesa precedenti alla data in cui risulta essere stata notificata la cartella e che avrebbero dovuto essere proposte ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, nel termine di 40 giorni dalla notifica della cartella (come avviene, ad es., quando si vuol far valere la prescrizione dei contributi verificatasi prima della notifica della cartella), è necessario recuperare l’azione dimostrando innanzi tutto che il termine non è mai iniziato a decorrere proprio perché non vi è stata notifica idonea a determinare la conoscenza dell’iscrizione al ruolo…” (Cass. n. 29294/2019).
Più semplicemente se si eccepisce l’omessa notifica della cartella o dell’avviso di addebito presupposti all’intimazione di pagamento, tale azione è configurabile come opposizione agli atti esecutivi entro 20 gg ex art. 617 cpc, però se i 20 giorni sono trascorsi, se la notifica non è stata ritualmente effettuata si può sempre eccepire la prescrizione, per cui l’omessa notifica della cartella presupposta non si configura più come opposizione ex art. 617, ma come opposizione ex art. 615 cpc, perché in tal caso non ha interrotto la prescrizione.
Cosa diversa è se la notifica della cartella presupposta non è regolare, la prescrizione non si è maturata e l’opposizione non è stata fatta nei 20 giorni dalla notifica dell’intimazione, a questo punto l’opposizione è solo configurabile come ex art. 617 cpc.
Primo Esempio
Intimazione di pagamento notificata il 03/05/2025, con avvisi di addebito presupposti contributi 2016 avviso di addebito notificato il 16/12/2017, si può eccepire entro 20 gg l’omessa notifica dell’avviso di addebito e entro 40 gg l’avvenuta prescrizione dal 2016 per irrituale notifica dell’atto interruttivo, ossia l’avviso di addebito.
Secondo Esempio
Intimazione di pagamento notificata il 03/05/2025, con avvisi di addebito presupposti contributi 2017 avviso di addebito notificato il 16/12/2020 , si può eccepire soltanto entro 20 gg l’omessa notifica dell’avviso di addebito.
L’azione di opposizione all’iscrizione a ruolo si caratterizza in tali casi – ferma la natura di titolo esecutivo del ruolo, ai sensi dell’art. 49, primo comma d.P.R. 602/1973 (come sostituito dall’art. 16 d.lgs. 46/1999), fondante la pretesa creditoria dell’ente impositore per omissione contributiva, affidata per la riscossione all’incaricato (ora ADER) attraverso la sequenza procedimentale esecutiva denunciata – per la funzione recuperatoria dell’impugnazione non potuta esercitare avverso la cartella di pagamento, per l’accertata mancanza di prova di una rituale notificazione (e quindi di conoscenza) della cartella stessa: “con riconoscimento a tale opposizione al ruolo di forza attrattiva nei confronti della relativa disciplina impugnatoria, con la conformazione della disciplina applicabile a quella dettata per l’azione recuperata (Cass. 24 aprile 2014, n. 9310; in senso conforme e tutte in materia di opposizione ai sensi della legge 689/1981: Cass. 7 agosto 2007, n. 17312; Cass. 16 febbraio 2007, n. 3647; Cass. 15 febbraio 2005, n. 3035)” (Cass. Cass. 594/2016; conf. SU n. 7514/2022).
A seguito della notificazione della cartella di pagamento o dell’avviso d’addebito, è onere di colui che intenda far valere la prescrizione del credito contributivo precedentemente maturata o comunque l’infondatezza della pretesa dell’ente impositore, proporre opposizione ex art. 24 co. 5 d.lgs. n. 46/1999, nei 40 giorni della notificazione; così come è onere di chi intenda recuperare l’opposizione non potuta proporre avverso la cartella o l’avviso non notificati, per far valere la prescrizione decorsa prima (ed in carenza) della notificazione di essi, ovvero l’infondatezza della pretesa contributiva solo successivamente conosciuta, proporre opposizione (ex art. 24 co. 5 d.lgs. n. 46/1999) entro 40 giorni dalla notificazione dell’atto successivo (intimazione di pagamento, o anche preavviso d’iscrizione ipotecaria o di fermo), condividendo tale ultima opposizione la stessa disciplina di quella “recuperata”.
E’ principio generale (Cass. SS.UU ord. n. 17126/2018 e Cass. ord. n. 11900/2019), del resto, quello per cui le opposizioni cc.dd. “recuperatorie“, ossia con le quali si fa valere una ragione che non è stato possibile dedurre in precedenza a causa dell’omessa conoscenza legale dell’atto prodromico, “vanno proposte nel rispetto dei termini previsti per l’impugnazione di quell’atto e innanzi al giudice che ne avrebbe avuto la giurisdizione in caso di tempestivo esperimento del rimedio” Quindi se si riceve un pignoramento presso terzi contenente un avviso di addebito prescritto o mai notificato, l’opposizione va fatta al Tribunale del Lavoro.
La prescrizione dei crediti previdenziali sopravvenuta alla notificazione dell’avviso di addebito o della cartella, quale fatto estintivo sopravvenuto, può essere fatta valere, invece, tramite opposizione all’esecuzione, ex art. (29 co. 2 d.lgs. n. 46/1999 e) 615 c.p.c., senza alcun termine, trattandosi di azione di accertamento negativo.
Detta opposizione ex art. 615 c.p.c. ha dunque ad oggetto, in tal caso, “… la deduzione di fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo (veicolata con un’eccezione di prescrizione)” (Cass. n. 594/2016).
La definitività dell’accertamento relativo alla sussistenza dei crediti contributivi portati dalle cartelle, per effetto della mancata opposizione alle medesime, non è preclusiva dell’accertamento della prescrizione o di altri fatti comunque estintivi del credito maturati successivamente alla notifica delle cartelle in oggetto, laddove venga contestata l’effettiva prescrizione o estinzione dell’obbligo contributivo da parte dell’ente creditore.
Alcuni Tribunali come quello di Milano, ritengono sussistere la carenza di interesse ad agire per l’opposizione ai preavvisi di fermo o ipoteca, tale orientamento non è condivisibile.
In tali ipotesi è necessario verificare in concreto, nella singola vicenda processuale, la sussistenza dell’interesse ad agire. In linea generale, infatti, la Corte di cassazione (vd. ad es. Cass. n. 16262/2015) ha avuto modo di affermare che l’interesse ad agire in un’azione di mero accertamento non implica necessariamente l’attualità della lesione di un diritto, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva, anche non preesistente al processo, in quanto sorto nel corso di giudizio a seguito della contestazione sull’esistenza di un rapporto giuridico o sull’esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, che non sia superabile se non con l’intervento del giudice” (ancora Cass. n. 16425/2019; Cass. SSUU n. 7514/2022)
Inoltre, così come in materia di riscossione delle imposte ( Cass. SS.UU. n. 5791/08 – Cass. SS.UU. n.16412/2007 ), anche nel caso di applicazione dello stesso procedimento per la riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie o dei contributi previdenziali, la correttezza del procedimento di formazione della pretesa esecutiva è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, sicché l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Tale nullità può essere fatta valere mediante la scelta di impugnare solo l’atto consequenziale notificato (nel caso di specie, intimazioni di pagamento), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto (nel caso di specie, cartelle di pagamento e quindi anche avvisi di addebito), o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto, non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, eventualmente per contestare radicalmente la pretesa esecutiva. Pertanto, spetta al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dall’opponente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale, nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa.
Alla stregua del criterio generale di distinzione tra opposizione all’esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi, valido anche quando venga opposta dinanzi al giudice ordinario una cartella di pagamento emessa dall’Agente per la riscossione per pretese diverse da quelle tributarie (riservate, queste ultime, alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie), si avrà opposizione agli atti esecutivi nel primo caso, quando cioè si farà valere l’omessa notificazione dell’atto presupposto (la cartella di pagamento) allo scopo di ottenere l’annullamento dell’atto successivo (le intimazioni di pagamento), poiché si tratterà di vizio formale di quest’ultimo denunciabile ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ.; si avrà opposizione all’esecuzione nel secondo caso, quando la deduzione della mancanza di notificazione della cartella di pagamento è strumentale alla contestazione della pretesa esecutiva dell’ente impositore, della quale il destinatario assume di non essere previamente venuto a conoscenza proprio in conseguenza della mancata notificazione della cartella esattoriale (che cumula in sé, nel procedimento di riscossione coattiva, le funzioni, che nel procedimento esecutivo ordinario, sono riservate alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto)” (Cass. n. 10326/2014; Cass. n. 28583/2018, Cass. n. 594/2016, Cass. n. 24215/2009, Cass. n. 6119/2004)”.
L’opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., deve essere proposta entro 20 gg. dalla notificazione dell’atto viziato (o del primo atto successivo, in caso di mancata notificazione del precedente e, quindi, di opposizione “recuperatoria”: v. ancora Cass. SS.UU ord. n. 17126/2018 e Cass. ord. n. 11900/2019).
Sia l’opposizione ex art. 24 d.lgs. n. 46/1999, che quella ex art. 615 c.p.c. attengono al merito della pretesa degli enti impositori (INPS e INAIL), relativa a contributi/premi.
Infatti, la stessa opposizione all’esecuzione altro non è che un tipo di azione di accertamento negativo del credito (cfr., ad es., Cass. n. 12239 del 2007).
Non deve trarre in inganno il fatto che il ricorrente lamenti anche la mancata notifica delle cartelle di pagamento, perché ciò è funzionale esclusivamente al recupero della tempestività dell’opposizione (Cass. n. 28583/2018), altrimenti tardiva perché esercitata a distanza di anni dalle date di asserita notifica delle cartelle medesime; ed è altresì funzionale all’eccezione di prescrizione (per negarne preventivamente l’interruzione), cioè pur sempre ad una questione inerente al merito della pretesa creditoria.
D’altronde, La differenza tra opposizione agli atti esecutivi e opposizione all’esecuzione risiede in questo: La prima tende a paralizzare temporaneamente l’azione esecutiva o determinati atti esecutivi, mentre la seconda è volta a negarla in radice.
La differenza è di notevole importanza: nel primo caso l’opponente riconosce l’altrui azione esecutiva, ma sostiene che non vi sia stato un regolare svolgimento del processo esecutivo per meri vizi formali degli atti di esecuzione e/o di quelli ad essa prodromici; ha un interesse (giuridicamente apprezzabile) a dolersene perché vuole non già sottrarsi al pagamento del debito (che non nega), ma ai danni e alle spese ulteriori conseguenti all’altrui azione esecutiva e/o ai singoli atti in cui essa si estrinseca; nella seconda, invece, l’opponente nega a monte l’azione esecutiva o per inesistenza (originaria o sopravvenuta) del titolo esecutivo o perché sostiene che esso abbia un contenuto diverso da quello preteso dal creditore o, ancora, perché i beni oggetto del procedimento (nell’esecuzione per espropriazione) sono impignorabili” (Cass. n. 16425/2019; conf. n. 16757/2019, n. 22292/2019).
In caso di contestazione della pretesa previdenziale nel merito, “l’omissione della notificazione, d’altra parte, attiene al merito della controversia, perché, oltre ad essere rilevante ai fini della prescrizione, ridonda sulla stessa sussistenza della pretesa, potendone determinare l’eventuale decadenza (Cass. Sez. U. 25 luglio 2007 n. 16412)” (Cass. SU n. 7514/2022).
Dunque, limitatamente al processo attinente alle opposizioni a iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali e alle opposizioni, concernenti l’accertamento negativo del debito per fatti successivi all’iscrizione a ruolo, entrambe accomunate dall’attinenza al merito della pretesa contributiva, la legittimazione passiva resta regolata dal citato art. 24, senza che possa trovare applicazione l’art. 39 d.lgs. 13 aprile 1999 n. 112 e le conseguenze che da esso ha tratto la giurisprudenza in materia tributaria (Cass. SU 7514/2022).
La legittimazione a contraddire, allora, risiede in capo all’ente impositore (INPS/INAIL), avendo le azioni ad oggetto la sussistenza del debito contributivo iscritto a ruolo, cioè il merito della pretesa contributiva, rispetto al quale l’agente della riscossione resta estraneo (L’agenzia delle entrate riscossione infatti non può fare appello sulla prescrizione, essendo quest’ultima riservata soltanto all’ente impositore Inps o inail)
In tema di riscossione di contributi previdenziali, l’opposizione contro l’avviso di mora (ora intimazione ad adempiere) con cui si faccia valere l’omessa notifica della cartella esattoriale e si deducano fatti estintivi del credito ha la funzione di recuperare l’impugnazione non potuta esercitare contro la cartella non notificata, che costituisce presupposto indefettibile dell’avviso… (cfr. Cass. n. 28583 del 2018; Cass. n. 594 del 2016; Cass. n.24215 del 2009; Cass. n. 6119 del 2004)” (Cass. n. 16425/2019; conf. n. 16757/2019, n. 22292/2019, SU n. 7514/2022).
In altri termini, la situazione giuridica dell’esattore, quale “… mero titolare del diritto all’attuazione in concreto della solo tutela esecutiva, è infatti priva di autonomia rispetto al diritto a procedere ad esecuzione forzata per effetto del ruolo, che è in capo all’ente creditore e che lo esercita attraverso il c.d. esattore, mentre quest’ultimo non ha alcun interesse giuridicamente tutelato, a che il ruolo sia confermato nella sua legittimità sostanziale; pertanto la pronuncia caducatoria del ruolo per ragioni attinenti alla legittimità sostanziale di esso, fa automaticamente venire meno il potere di riscossione in capo all’esattore, senza necessità che, proprio per l’assenza di un suo interesse giuridicamente tutelato, egli partecipi al processo” (Cass. ord. n. 5625/2019).
Il ricorrente, impugnando l’intimazione di pagamento unitamente agli atti presupposti (relativi a crediti previdenziali e premi INAIL), intende proporre, innanzitutto, sia un’opposizione “recuperatoria” di merito (“contro l’iscrizione al ruolo”, ex art. 24 co. 5 d.lgs. n. 46/1999), onde far valere la prescrizione dei crediti di cui agli avvisi/cartelle, maturata prima della notifica degli stessi (rectius in costanza dell’omessa notifica di essi), sia un’opposizione all’esecuzione, ex art. 615 c.p.c., per l’accertamento della prescrizione dei medesimi crediti a decorrere dalla data di (“asserita” o “eventuale” o “presunta”) notificazione degli avvisi/cartelle.
A fronte di tali opposizioni, “recuperatoria” di merito ed ex art. 615 c.p.c., legittimati passivi risultano gli enti impositori ai sensi dell’art. 3 comma 9° legge 8 agosto 1995, n. 335, le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono in cinque anni.
Tale termine non muta neppure in caso di mancata opposizione della cartella di pagamento o dell’avviso d’addebito, perché la mancata opposizione dà luogo sì alla incontrovertibilità del credito, ma, non conseguendo ad una pronuncia giudiziale, non può determinare una modificazione nel regime della prescrizione dei crediti previdenziali, quale quella prevista per l’actio iudicati dall’art. 2953 c.c. (cfr. Cass. SU n. 23397/2016).
Napoli,li 27/05/2025
Avv. Giuseppe Marino