Il fisco non può chiedere informazioni già in suo possesso

Il fisco non può chiedere informazioni già in suo possesso e ha l’obbligo di informare il contribuente delle azioni a suo carico. Art.6 della L.212/2000

Questionari inviati per chiedere documenti già impossesso dell’amministrazione, la cui mancata risposta vieta che la documentazione possa essere prodotta nel  giudizio tributario per chiedere documenti già in possesso dell’amministrazione.

Visto che l’art. 6 della L.212/2000 al comma 1 impone all’amministrazione l’obbligo di assicurare   l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a  lui  destinati e al comma 2 l’obbligo di informare il contribuente di ogni fatto o

circostanza a sua conoscenza.

A mio parere tale norma viene sistematicamente violata. L’ufficio ha l’obbligo di informare il contribuente se ci sono a suo carico provvedimenti penali.

Tale informazione può portare a significative modificazione della strategia difensiva, vista la impossibilità di procedere ad accedere al patteggiamento.

Sapendo quindi  che il patteggiamento penale è condizionato dal pagamento integrale delle imposte, ex art. 13-bis comma 2 D.Lgs. 10-3-2000 n. 74, secondo cui il patteggiamento può essere richiesto, per i reati di cui al decreto legislativo n. 74 del 2000, solo quando il debito tributario sia stato pagato.

L’aver il quadro chiaro, consente al contribuente di fare anche scelte diverse, la non chiarezza invece porta poi ad infliggere la massima punizione sia essa monetaria, sia essa penale.

Quindi la mancanza di chiarezza e la completa informazione del contribuente rende più arduo l’esercizio del diritto alla difesa.

Al contribuente, in forza dell’art. 6, comma 4, della l. 212/2000 (Statuto del contribuente) non possono essere richiesti documenti o informazioni già  in possesso dell’Amministrazione, la quale, anche ai sensi dell’art. 18, n. 2, della L. 241/90 è tenuta d’ufficio ad acquisire o produrre il documento in questione o copia di esso.

Perché l’ufficio, che tramite gli elenchi clienti e fornitori, spesometro e fatturazione elettronica, dispone di una immensa mole di dati, poi li richiede al contribuente?

Che senso ha inviare un questionario al contribuente, sapendo benissimo che la mancata risposta rende inammissibile la produzione dei documenti nel processo, quando le fatture ora tutte elettroniche possono essere facilmente reperibili?

L’art. 32, del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600 e 51, del D.P.R. del 26 ottobre 1972, n. 633, consentono al fisco  il ricorso allo strumento dei questionari, che ormai è diventata la regola e inviata in modo massiccio da parte dell’Amministrazione Finanziaria, sta creando non poche distorsioni nel sistema tributaria, causando una ingiustificato e irragionevole sistema sanzionatorio, per non aver ottemperato alla presentazione della documentazione richiesta, che non può essere più prodotta in sede contenziosa, generando poi un enorme contenzioso che potrebbe diversamente risolversi in via amministrativa.

Per quale motivo l’ufficio non accede agli uffici e procede alla verifica e invece usa lo strumento del questionario?

Poi quando il contribuente non presenta la dichiarazione negli accertamenti il fisco  richiama solo i ricavi e omette i costi.

Tale modus operandi crea anche un imposta superiore a quella reale e spesso anche il rinvio a giudizio penale  senza fondamento perché si sono superate le soglie che non corrispondono all’imposta effettivamente evasa.

Quindi noi difensori facciamo rispettare l’art.6 della L.212/2000

Napoli,li 04/08/2021

Dott. Giuseppe Marino

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