Software pirata in studio professionale non è reato

Software pirata in studio professionale non è reato, ma illecito amministrativo

Non commettono reato i professionisti che utilizzano software pirata, in quanto l’art. 171 bis della L. 633/1941 stabilisce che commette reato chi detiene a scopo commerciale o imprenditoriale, quindi esclude l’attività professionale. In relazione all’utilizzo, in contrasto con la normativa in materia di tutela del diritto d’autore, di programmi informatici installati su elaboratori elettronici la illiceità penale sussiste solo in caso o di abusiva duplicazione, per trarne profitto (e non a scopo di lucro che invece presuppone una commercializzazione), di programmi per elaboratore ovvero in caso di importazione, distribuzione, vendita, detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale (e quindi non anche nello svolgimento di un’attività libero professionale) o, infine, di concessione in locazione non già di programmi abusivamente duplicati ma esclusivamente di programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Siae.

Riferimento normativo: Art. 171 bis L.633/1941

Riferimenti giurisprudenziali: Cass. 49385/2009, Cass.32912/2018, Cass.30047/2018

L’articolo si divide in due commi: il primo volto alla tutela dei software in generale, il secondo, inserito dal d.lg. 169/99, tutela invece le banche dati. Quanto al primo comma, la disposizione colpisce anzitutto la condotta di abusiva duplicazione: il legislatore nazionale è più rigoroso di quello europeo, che invece ritiene necessaria la punibilità solo di condotte più propriamente finalizzate al commercio. Ad oggi, quindi, è prevista la rilevanza penale di ogni condotta di duplicazione di software che avvenga ai fini di lucro, accezione ben più ampia della preesistente, che prevedeva il necessario dolo specifico di profitto.

Con la modifica del 2000 il legislatore nazionale, nel sostituire il fine di profitto a quello di lucro, ha inteso ampliare l’ambito di applicazione della norma, per ricomprendervi anche quei comportamenti che non sono sorretti dallo specifico scopo di conseguire un guadagno di tipo prettamente economico.

Art. 171 bis Legge 22/04/1941, n.633 – protezione del diritto d’autore

Chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da lire cinque milioni a lire trenta milioni. La stessa pena si applica se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori. La pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a lire trenta milioni se il fatto è di rilevante gravità.

Chiunque, al fine di trarne profitto, su supporti non contrassegnati SIAE riproduce, trasferisce su altro supporto, distribuisce, comunica, presenta o dimostra in pubblico il contenuto di una banca di dati in violazione delle disposizioni di cui agli articoli articoli 64-quinquies e 64-sexies, ovvero esegue l’estrazione o il reimpiego della banca di dati in violazione delle disposizioni di cui agli articoli articoli 102-bis e 102-ter, ovvero distribuisce, vende o concede in locazione una banca di dati, è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da lire cinque milioni a lire trenta milioni. La pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a lire trenta milioni se il fatto è di rilevante gravità.

Napoli,li 19/02/2022

Avv. Giuseppe Marino

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