Accertamenti tributari – Indagini bancarie e invio dei questionari, la follia del legislatore

26122021

Accertamenti tributari – Indagini bancarie e invio dei questionari, la follia del legislatore

Se siete oggetto di indagine bancarie sommano entrate più uscite, se non rispondete a un questionario non potete più difendervi davanti a un giudice, perché vi è inibito di produrre documenti non consegnati al fisco.

La prova della natura dell’operazione bancaria (entrata e uscita) deve essere analitica (Cass. n. 24152/2021)  in barba al principio di diritto romano “onus probandi incubit actori” ossia l’onere della prova grava su chi accusa e non su chi si difende, perché  la prova negativa è diabolica.

Ai professionisti non possono essere sommate le uscite, perché non sono imprenditori (quindi non acquistano merci per la rivendita) Corte Cost.228/2014

Urge un intervento legislativo per rimediare a questa pazzia.

Riferimenti legislativi: Art. 32 Dpr 600/73, art. 51, comma 2, n. 2, Art.52 c.2 del Dpr 633/72, Art. 1, comma 402, lett. a), n.1, L.n. 311/2004

Riferimenti giurisprudenziali: Corte Costituzionale, sentenza n. 225 del 08/06/2005, Corte Costituzionale sentenza n.228/2014

Non tutti sanno, che L’art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, DPR n. 600 del 29/09/1973 e , come modificato dagli sceriffi delle tasse dall’art. 1, comma 402, lett. a), n.1, L.n. 311/2004., stabilisce una presunzione legale a favore dell’agenzia delle entrate, che tutto ciò che transita sul conto corrente che non si è in grado di giustificare costituisce evasione fiscale.

Penserete soltanto alle entrate, ma purtroppo la follia non si limita alle entrate, ma si estende anche alle uscite, quindi il contribuente imprenditore, con eccezione dei professionisti e dei privati, che non giustificano entrate e uscite, si vedrà duplicata una presunta evasione, perché l’ufficio somma entrate e uscite bancarie.

Nella logica folle e giustizialista di coloro che hanno partorito le norme, a cui rammento che le sanzioni devono essere preventive e non repressive, chi non giustifica le uscite significa che è complice di colui che incassa e quindi pagherà le tasse anche per lui.

Fortunatamente, ma limitatamente ai professionisti la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 225 del 08/06/2005, ha tracciato una linea di demarcazione tra imprenditori e professionisti ritendo valida la norma, decisione non del tutto condivisibile che ha statuito:

“Una presunzione siffatta non appare, poi, lesiva del canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione non essendo manifestamente arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un imprenditore  siano stati destinati all’esercizio dell’attività di impresa e siano, quindi, in definitiva detratti i relativi costi, considerati in termini di reddito imponibile precisando che  la normativa in questione si riferisce soltanto agli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi, contrariamente a quanto deliberato dalla Corte di Cassazione con  numerose  sentenze”.

Successivamente la Corte Costituzionale con la sentenza n.228/2014, sul tema della legittimità costituzionale della presunzione di imponibilità per i prelevamenti sul conto corrente bancario con riguardo ai lavoratori autonomi, ha definitivamente statuito che ai professionisti non si può chiedere la giustificazione delle uscite e assoggettarle a base imponibile.

Alla cattiveria e alla violenza nei confronti delle partite iva non è finita, se l’ufficio invia un questionario e vi invita a presentare documenti, la mancata risposta al questionario dell’ufficio preclude l’allegazione, nell’eventuale successiva fase processuale, delle “carte” non presentate nella fase amministrativa, limitando il diritto alla difesa.

In poche parole se non rispondete e vi fanno l’accertamento, i documenti giustificativi non potranno essere esibiti al giudice (Articolo 32, commi 4 e 5, del Dpr 600/1973).

Ho segnalato il problema al Sen. Urso di Fratelli d’Italia, all’ANC a fuori dal coro di Mauro Giordano a Nicola Porro e a Maurizio Belpietro della verità, speriamo che qualcosa si muova.

Non pensiate che il problema riguardi soltanto le partite iva, ma anche i dipendenti, se versate soldi sul conto, perché donati dal nonno morente e non potete giustificarli, saranno considerati frutto di evasione fiscale. Quindi nessuno è al sicuro.

Napoli,li 30/01/2022

Avv. Giuseppe Marino

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