Separati e divorziati come evitare le stangate dal fisco

Separati, divorziati e fisco, tutto quanto bisogna sapere per non rimetterci più del dovuto.

Non si perdono le agevolazioni prima casa e la cessione gode di un notevole risparmio d’imposte. L’imu va pagata solo dal coniuge assegnatario dell’appartamento e l’altro può godere di altra agevolazione su un altro immobile. Cedere la propria quota al coniuge separato prima dei 5 anni non fa perdere le agevolazioni.

Separazioni e divorzi ormai sono all’ordine del giorno e molto spesso per ignoranza della norma, si paga più del dovuto e si perdono le agevolazioni prima casa, pure avendone diritto.

Partiamo subito dall’assegno di mantenimento, si può scaricare solo la quota dei figli, se il giudice non specifica si presume al 50% col coniuge.

L’assegno che percepisce il coniuge che non lavora, va dichiarato come se fosse reddito di pensione e quindi ha diritto alle detrazioni e va tassato.

Il coniuge che paga può scaricare tale assegno per cassa, ossia nell’anno i cui provvede al pagamento, deve farlo per bonifico e deve avere fonte nella sentenza del Tribunale. Fate attenzione che solo gli assegni periodici possono essere scaricati, non quelli una tantum. (art. 10 e 47 Tuir Dpr 917/86)

Per quanto riguarda l’IMU, se il coniuge intestatario del 50% cambia residenza e la casa va affidata al coniuge con i figli, c’è un diritto di abitazione e pertanto, non dovrebbe pagare l’imu, in quanto tutti gli obblighi fiscali passano a chi ha diritto di abitazione ossia al coniuge che ci risiede, che ovviamente non paga perché residente. Tale orientamento non è univoco, ma a mio parere questo è il più giusto.

Secondo un altro orientamento la  facoltà di godimento è conseguente ad un provvedimento giudiziale di per sé non idoneo alla costituzione di un diritto reale, “essendo i modi di costituzione di tali diritti tassativamente ed espressamente indicati dalla legge” e pertanto il coniuge che si trasferisce con la residenza deve pagare l’IMU.

Se condo la Suprema Corte  nella recente  Cassazione ordinanza 6545/2023, ha stabilito che Nella disciplina Imu, l’assegnatario è considerato, ai fini dell’imposta, titolare del diritto di abitazione. La Corte conferma che il coniuge non assegnatario non deve pagare nulla per la sua quota di proprietà dell’ex casa coniugale. E nulla è dovuto anche dall’assegnatario, che ne è considerato unico titolare e la adibisce ad abitazione principale. Questa regola non opera però per le unità locate, per le quali è la legge speciale sulle locazioni che dispone il subentro dell’assegnatario nel contratto. Ne deriva che sarà il titolare dell’immobile che dovrà versare l’Imu secondo le regole ordinarie. Da ultimo, la Corte afferma altresì la sussistenza del diritto del coniuge non assegnatario a vedersi riconoscere una autonoma esenzione per la casa adibita a propria abitazione principale.

Un altro nodo da sciogliere è la perdita delle agevolazioni prima casa, per avvenuta cessione della quota all’altro coniuge prima dei 5 anni.

Il contribuente che a seguito di una separazione è obbligato a cedere per ordine del giudice la propria quota prima dei 5 anni non perde le agevolazioni, perché c’è una causa di forza maggiore e la mancata ottemperanza comporterebbe conseguenze penali. Inoltre l’agevolazione prima casa nella sua normativa sanzionatoria vuole evitare le speculazioni, quindi se uno dei coniugi cede all’altro, la ratio premiale della norma non è aggirata e non c’è alcuna speculazione, basta un solo coniuge che conservi la residenza per 5 anni.

Chi cambia residenza prima dei 5 anni, avrà un accertamento fiscale automaticamente, quindi se vi è possibile aspettate.

L’Agenzia delle Entrate, nella risoluzione n. 35/E del 1° febbraio 2002 , riconosce la rilevanza della forza maggiore allorché la decadenza sia causata da un impedimento, sopraggiunto, imprevedibile e non soggettivo. Le condizioni perché sia riconoscibile la forza maggiore sono che: – l’evento impeditivo sia oggettivo e non prevedibile e tale da non poter essere evitato; – il termine sia ancora pendente per poter dimostrare all’Amministrazione finanziaria il possesso dei requisiti richiesti dalla legge, come nel caso del trasferimento della residenza nel luogo dove si è acquistata la casa per l’abitazione principale; – l’acquisto non sia intervenuto dopo il verificarsi dell’evento che ha causato la forza maggiore.

Si rammenta inoltre che per  usufruire dell’agevolazione prima casa al momento dell’acquisto dell’immobile, non è necessario che entrambi i coniugi trasferiscano contemporaneamente la propria residenza nel Comune in cui è sito l’immobile, ben potendo gli stessi avere due residenze diverse purché in due Comuni diversi.
La giurisprudenza della Cassazione ha attribuiro rilevanza non alla residenza dei singoli coniugi bensì alla residenza del nucleo familiare; infatti in tema di imposta di registro e di relativi benefici per l’acquisto della prima casa, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui ove l’immobile acquistato sia adibito a tale destinazione non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione, essendo essi tenuti non ad una comune sede anagrafica ma alla coabitazione.

Vi ricordo che per le forze armate e forze dell’ordine vige una normativa particolare le agevolazioni prima casa per forze dell’ordine e forze armate (non è richiesta la residenza)

Il comma 1 dell’art. 66 della L. 21 novembre 2000, n. 342, “Misure in materia fiscale” (cosiddetto Collegato alla Finanziaria 2000) prevede che il personale in servizio permanente appartenente alle Forze Armate ad ordinamento militare e quello appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, ha diritto alle cosiddette agevolazioni “prima casa”, senza che sia richiesta la condizione della residenza nel comune in cui è situato l’immobile e, quindi, senza che si debba dichiarare di voler stabilire la residenza nello stesso comune entro diciotto mesi.

Pertanto, i predetti soggetti non devono soddisfare le condizioni di cui alla lettera a) della nota II-bis) dell’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, annessa al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

La cessione della quota al coniuge ha costi bassi, in base a una normativa speciale, l’art.19 della legge n.74/1987 prevede l’esenzione dall’imposta di registro, bollo e da ogni altra tassa per gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio: con sentenza della Corte Costituzionale n.154/1999 è  stata dichiarata l’illegittimità  costituzionale di tale articolo nella parte in cui non estende dette agevolazioni anche ai medesimi atti e documenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.

Con Circolare n.49/E del 16/03/2000 sono stati forniti chiarimenti in ordine alla problematica di cui sopra e, in particolare, circa l’applicabilità ‘ dell’esenzione in parola agli atti portanti attribuzioni patrimoniali fra coniugi conseguenti ad accordi formalizzati nel provvedimento di separazione personale o al divorzio e ad esso connessi.

Tale agevolazione non sembra applicabile alle cessioni immobiliare in favore dei figli, in quanto soggetti terzi alla separazione o al divorzio in tal senso Cassazione – Sez.V – n.2347 del 17/02/2001.

Napoli,li 19/03/2023

Avv. Giuseppe Marino

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