Termine per il recupero crediti d’imposta non spettanti ed inesistenti

Recupero credito d’imposta non spettante entro 5 anni (4 fino a  Unico 2016 redditi 2015) e inesistenti entro 8 anni, reato penale solo per Iva e IIDD

Credito inesistente fino al 200% di sanzione e denuncia penale

Credito non spettante 30% di sanzione

Secondo una parte della giurisprudenza, che si condivide, il reato di indebita compensazione riguarda soltanto Imposte dirette e Iva e non gli altri tributi.

Riferimento normativo: art. 43 Dpr 602/73 art.57 Dpr 633/72, L’art. 27 comma 16 del DL 185/2008, art.13 c.4 D.Lgs. 471/1997  , art.15 c.5  D.Lgs. 471/1997 , art. 10 quater D.Lgs. 74/2000

Riferimento giurisprudenziale: Cass. 21 febbraio 2018 n. 4153 e 22 luglio 2016 n. 15186 – Cass. penale I sez. sent. n.38042/2019, Cassazione ordinanza 5243/2023.

 

Per tutti i crediti d’imposta concessi in questi ultimi anni, ne vedremo delle belle, l’amministrazione finanziaria con una mano concede e con l’altra recupera.

Tra crediti d’imposta di ricerche e sviluppo, 110%, acquisto beni ammortizzabili etc.. ci sarà un gran da fare nei prossimi anni, come dicevano i latini timeo danaos et dona ferentes, temo i Greci anche quando portano doni.

La dimostrazione più lampante sono i ristori che ha bonificato l’agenzia delle entrate  tra il 2020 e il 2021, se non li mettete  in dichiarazione con un sistema astruso e complesso di trappole, li devi restituire al 200%. Ma se ce li hai dati tu cara amministrazione finanziaria? Non lo sai, te lo devo venire a dire?

Quindi la regola aurea è se potete evitate di prendere crediti d’imposta, perché la verifica è assicurata, qualora usufruite dei crediti d’imposta offerti gentilmente dal fisco vi rammento che l’onere della prova della spettanza del credito è a carico del contribuente, per cui è quanto meno indispensabile pre munirsi della documentazione probatoria a sostengo dei requisiti necessari ad ottenere il credito d’imposta.

La Giurisprudenza ritiene che la pretesa va provata dal fisco, che deve provare il fondamento, ma se si tratta di agevolazioni, crediti d’imposta o il diritto a detrarre un imposta (Iva) l’onere della prova ex art. 2697 cc è a carico del contribuente.

L’art. 27 comma 16 del DL 185/2008, che, per i crediti inesistenti indebitamente compensati, prevede che l’atto vada notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è avvenuta la compensazione.

Limitatamente ai crediti inesistenti, l’atto di recupero può essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui il credito è stato utilizzato e non dalla presentazione della dichiarazione, (Cassazione ordinanza 5243/2023).

Nulla dice per i crediti d’imposta non spettanti e non inesistenti, per cui si ritiene che si applicano i termini dell’accertamento ex art. 43 Dpr 602/73 art.57 Dpr 633/72, (Cass. 21 febbraio 2018 n. 4153 e 22 luglio 2016 n. 15186), con un diverso dies a quo  secondo la Cassazione la decorrenza non parte dalla  presentazione della dichiarazione ma dall’utilizzo in compensazione del credito.

La  L. 208/2015 all’art. 1 comma 132, ha modificato i termini per gli accertamenti elevandoli da 4 a 5 anni relativamente agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31/12/2016 e ai periodi successivi, pertanto da Unico 2017 il termine è stato elevato da 4 a 5 anni.

C’è una sostanziale differenza tra crediti d’imposta non spettanti e crediti d’imposta inesistenti, se manca il presupposto, ma la documentazione è falsa, il credito è ritenuto inesistente. Invece, se il presupposto giuridico è in discussione ma il credito viene sostenuto da una corretta documentazione regolare, viene considerato non spettante. La norma, chiarisce che un credito d’imposta è inesistente quando coesistono i seguenti due requisiti: Il credito è privo, in tutto o in parte, dei suoi presupposti costitutivi; La sua inesistenza non può essere riscontrata attraverso controlli automatizzati ex art.  36 bis D.P.R. 600/1973 e articolo 54 bis D.P.R. 633/1972 o mediante controlli basati sul riscontro formale della documentazione ex articolo 36 ter D.P.R. 600/1973.

La differenza comporta anche conseguenze diverse, in termini di elevate sanzioni e di responsabilità penali.

L’articolo 15, comma 5, D.Lgs. 471/1997  prevede che nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi e in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del D.Lgs n. 472/1997

Per il credito d’imposta non spettante invece, l’articolo 13, comma 4, D.Lgs. 471/1997 stabilisce che: Nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato.

L’utilizzo del credito d’imposta inesistente comporta anche responsabilità penale, l’indicazione del credito inesistente portato in compensazione nel modello F24 ha rilevanza, e non l’omessa presentazione della dichiarazione Iva, nell’indebita compensazione, la Cassazione ha precisato che in tema di reati tributari, il delitto  ex art. 10 quater D.Lgs. 74/2000, richiede, sotto il profilo oggettivo, che il mancato versamento di imposta risulti formalmente giustificato da una illegittima compensazione, ex art. 17 D.Lgs. 241/1997, operata tra le somme spettanti all’erario e i crediti vantati dal contribuente, in realtà non spettanti o inesistenti, Cassazione n. 15236/2015.

Secondo una parte della giurisprudenza, che si condivide, il reato di indebita compensazione riguarda soltanto Imposte dirette e Iva e non gli altri tributi.

Ai fini del delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del D. Lgs. n. 74/2000, l’omesso versamento delle somme dovute riguarda solamente le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, e non si estende ai contributi previdenziali.

Il riferimento all’art. 17 d. Igs. n. 241 del 1997 è in virtù della considerazione di tutti i crediti ivi contemplati in quanto idonei alla compensazione, mentre l’indebito risultato della condotta fraudolenta, ossia l’omesso versamento delle somme dovute, riguarda solamente le imposte sui redditi e sul valore aggiunto e non già inadempimenti di altro genere dei quali l’intero testo normativo non si occupa. Secondo la Corte si ha un indistinto riferimento all’art. 17 d. Igs. n. 241 del 1997 in virtù della considerazione di tutti i crediti ivi contemplati in quanto idonei alla compensazione, mentre l’indebito risultato della condotta fraudolenta, ossia l’omesso versamento delle somme dovute, riguarda solamente le imposte sui redditi e sul valore aggiunto e non già, in assenza di pertinenti specificazioni, inadempimenti di altro genere dei quali l’intero testo normativo non si occupa.

Il d. Igs. n. 74 del 2000 –  come emerge anche dal suo titolo, è posto  a presidio unicamente delle imposte dirette e dell’IVA. In questa prospettiva, un contribuente può rispondere del delitto di indebita compensazione  – come è pacifico – solo per chi ometta di versare imposte dirette o l’IVA utilizzando in compensazione crediti.  Cass. penale I sez. sent. n.38042/2019

 

Napoli,li 20/03/2023

Avv. Giuseppe Marino

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