Rifiuti speciali occhio all’esenzione

Rifiuti speciali esoneri o riduzioni, previo controllo del regolamento comunale, che spesso viola la legge.

 

Attività industriali e artigianali fuori dalla tassazione

 

I rifiuti urbani sono sempre soggetti a tassazione, i rifiuti pericolosi sono sempre esclusi dalla applicazione della tassa, i rifiuti speciali rientrano nell’ambito di applicazione del tributo ove il Comune abbia provveduto ad assimilarli, con apposita delibera, ai rifiuti urbani, ai sensi del D. Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2. ( tale assimilazione è vietata sia per i rifiuti pericolosi, tossici e nocivi sia per gli imballaggi terziari)

 

Il comma 649 dell’art.1 della legge n. 147/2013  Legge di stabilità  2014 pubblicata sulla GU Serie Generale n.302 del 27-12-2013 – Suppl. Ordinario n. 87 entrato in vigore il  01/01/2014, stabilisce che:  Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove  si  formano,  in  via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento  sono tenuti  a  provvedere  a  proprie  spese  i  relativi  produttori,  a condizione che ne dimostrino l’avvenuto  trattamento  in  conformità alla  normativa  vigente.

Per  i  produttori  di  rifiuti   speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI,  il  comune, con  proprio  regolamento,  può  prevedere  riduzioni  della   parte variabile  proporzionali  alle  quantità che  i  produttori  stessi dimostrino di avere avviato al recupero.

Quindi se sulla superfice oggetto della tassa si svolge un attività che comporta l’obbligo di  smaltimento dei rifiuti speciali, non smaltibili con il sistema dei rifiuti urbani. Con il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 è stata istituita la tassa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, svolto in regime di privativa dai comuni (art. 58); è stata disciplinata la attivazione del servizio, di raccolta e di smaltimento, prevedendo che se il servizio di raccolta, sebbene istituito ed attivato, non è svolto nella zona di esercizio dell’attività dell’utente, o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del relativo regolamento, il tributo è dovuto in misura ridotta (art. 59); circa il presupposto della tassa, è stato previsto che la stessa “è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti…., esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa nei modi previsti dagli artt. 58 e 59”, e che “nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. (art. 62, commi 3 D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507).

Dunque, per disposizione di legge era ed è escluso dalla determinazione della superficie tassabile quella sulla quale, anche per destinazione, si formano, di regola, i rifiuti speciali pericolosi, a nulla rilevando la eventuale assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, riferendosi tale assimilazione, consentita ai Comuni, esclusivamente ai rifiuti speciali non pericolosi  (art. 21 D.Lgs. 5/2/1997 n. 22).

Con riferimento al predetto decreto legislativo, il Ministero delle Finanze, con la circolare n. 119/E del 7/5/1998, precisò che “nonostante la dichiarata assimilazione, l’operatore economico può sottrarsi alla privativa Comunale, e quindi alla tassazione, qualora dimostri di avviare effettivamente e correttamente al recupero i rifiuti assimilati” (la norma testualmente recita: la privativa Comunale non si applica alle attività di recupero dei rifiuti assimilati).

Non  vi è dubbio che quando una ditta su tutta l’area dove svolge l’attività  produca rifiuti speciali pericolosi che provvede a smaltire tramite ditte specializzate con costi anche rilevanti (a prova vi è la documentazione imposta dalle leggi vigenti) e ciò non solo nel capannone (area coperta) ma anche sull’area scoperta “destinata” ad esempio  allo smontaggio di gomme, al cambio di olio e così via, e quindi produttrice anch’essa di rifiuti speciali, con la ulteriore conseguenza della sua esclusione “per legge” dal conteggio della superficie tassabile, non debba pagare la tassa rifiuti.

Una volta dimostrato che l’utente fa ed è obbligato a servirsi del servizio privato le superfici produttive di detti rifiuti, mai assimilabili ai rifiuti urbani in quanto speciali, non possono essere soggette ad un tributo che, peraltro sarebbe la duplicazione di una prestazione già corrisposta al privato per il servizio da quest’ultimo resogli. La presenza presso il capannone sede della società, dei cassonetti per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati per la parte occupata dagli Uffici e dall’Area di Vendita di Esposizione Interna, di superficie totale di mq 637,  le quali superfici sono sottoposte a tassazione e per le quali la Società Roscini Veicoli industriali S.P.A  paga annualmente e regolarmente il servizio di smaltimento dei rifiuti, non può certamente ritenersi idonea a provare l’esistenza di un servizio di raccolta dei rifiuti speciali, che per quanto sopra evidenziato non può essere svolto dalle ditte Comunali

Ai sensi del cd. decreto Ronchi (D.Lgs. n. 22 del 1997), i rifiuti vanno distinti in tre categorie: 1) rifiuti urbani, 2) rifiuti speciali, 3) rifiuti pericolosi. I rifiuti urbani sono sempre soggetti a tassazione, i rifiuti pericolosi sono sempre esclusi dalla applicazione della tassa, i rifiuti speciali rientrano nell’ambito di applicazione del tributo ove il Comune abbia provveduto ad assimilarli, con apposita delibera, ai rifiuti urbani, ai sensi del D. Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2. ( tale assimilazione è vietata sia per i rifiuti pericolosi, tossici e nocivi sia per gli imballaggi terziari)

Nel nostro caso trattandosi di rifiuti speciali non assimilabili ai rifiuti urbani non può essere loro applicato il regime di privativa comunale.

Da ciò consegue che, sussistendo una causa di esclusione della tassa, il contribuente che produce rifiuti speciali  ha diritto ad una riduzione della superficie tassabile in quanto tali  aree sono esenti dal pagamento dell’imposta ordinaria perché produttive di rifiuti speciali, così come previsto dall’art. 62, 3° comma del D. Lgs. n. 507/1993. Appare quindi  del tutto errata la prospettazione  da parte di alcuni  Regolamenti (ad esempio quello del Comune di Roma)  in ordine alla sussistenza di un mero diritto alla riduzione tariffaria secondo criteri proporzionali, in quanto riferibile ai soli rifiuti assimilati e assimilabili, nel caso di specie si tratta di rifiuti speciali che non potranno mai essere assimilabili ai rifiuti urbani con una delibera Comunale.

A seguito dell’entrata in vigore della TARI introdotta con la legge n. 147/2013, che ha abrogato la normativa sulla TARES occorre esaminare preliminarmente  la disciplina dei rifiuti speciali anche in materia TARI. Tale tassa è destinata a finanziare esclusivamente il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, senza alcuna componente concernente il finanziamento dei servizi comunali, cui provvede l’istituita TASI.

Il primo periodo dell’art. 1, comma 649 della citata legge dispone che “nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente”

La previsione di una formazione di rifiuti speciali in via continuativa e prevalente ha modificato la normativa precedente permettendo di circoscrivere l’esenzione alle sole attività di lavorazioni industriali ed artigiane, perché la considerazione preponderante è diventata quella della produzione di rifiuti speciali rispetto a quella di rifiuti urbani assimilabili, a motivo della minore presenza umana rispetto a quella di macchinari, impianti ed attrezzature.

Il regolamento Comunale che limita l’esenzione alle porzioni occupate dagli impianti, macchinari ed attrezzature che caratterizzano le lavorazioni industriali, è palesemente “contra legem” e non può avere effetto in  sede contenziosa.

In tal senso si è espresso lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze, direzione legislativa tributaria e federalismo fiscale, con nota del 09/10/2014 e con la successiva circolare n.47505 del 09/12/2014, con cui sottolinea ed evidenzia l’impossibilità per i Comuni di restringere la portata innovativa della norma.

Con la Risoluzione n. 2/DF del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 09.12.2014 Prot. 47505,  il Ministero, a fronte di un quesito posto, procede all’approfondita disamina della disciplina dei rifiuti speciali introdotta in materia TARI dalla legge di stabilità 2014. Ai sensi della L. 147/2013, art. 1 co. 649 primo periodo, nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ciò avvenga secondo la normativa vigente.

La nuova disposizione aggiunge una specificazione, pertanto: essa considera intassabili le aree sulle quali si svolgono le lavorazioni industriali o artigianali, che in genere producono rifiuti in via prevalente speciali, poiché la presenza umana determina la formazione di una quantità non apprezzabile di rifiuti urbani assimilabili.

Si consideri altresì quanto ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (28.04.2017, n. 10548) in merito alla detassazione piena (invece di quella ridotta) per le aree societarie individuate quali luoghi di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio.

Afferma la Corte che è pur vero che l’art. 62 co. III D. Lgs. 507/1993 attribuisce al Comune la facoltà di individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, facoltà che comunque esige esercizio regolamentare, restando in difetto le superfici esenti da tassazione (Cass. Civ., S.U., 30.03.2009, n. 7581).

Nella specie la riduzione del percentuale prevista da un regolamento comunale in via forfetaria, come tale applicata alle superfici, ovvero anche regolamenti comunali TARSU con precise condizioni di detassazione a percentuale fissa, ove risulti particolarmente difficile determinare la superficie di un’area, sono delle possibilità a disposizione del Comune.

Tuttavia, prosegue la Corte, la società che rende edotto il Comune della presenza specifica delle aree dove si formano i rifiuti speciali, non deve pagare la tassa nemmeno forfetaria; la società può provare che le aree dove si formano i rifiuti speciali sono totalmente esenti dalla tassazione.

Così afferma ancora la Suprema Corte (Cass.sezione tributaria, sent. n. 9858/2016), ribadendo pertanto quello che può essere considerato un principio di diritto.

Come altresì affermato dalla giurisprudenza di merito (Commissione Tributaria prov.le Brescia, sez. I, 16.02.2016, sent. n. 134; Commissione Tributaria prov.le Roma sez. XLVII, 23.02.2016, sent. n. 3990; Commissione Tributaria prov.le Verbania sez I, 28.07.2014 sent. n. 56; Commissione Tributaria Regionale Campania  sez IX, 06.07.2015 sent. n.172 ), per determinare la superficie soggetta al pagamento dell’imposta TARI, introdotta nell’ordinamento dalla L. 147/13, non si tiene conto di quella parte in cui si formano rifiuti speciali, smaltiti a proprie spese dai relativi produttori e condizione necessaria è la dimostrazione dell’avvenuto trattamento conformemente alla normativa vigente. Di conseguenza l’Amministrazione Comunale non può esercitare alcuna pretesa su tali superfici, in quanto il Comune non rende in relazione ad esse nessun servizio.

Napoli,li 20/06/2021

Dott. Silvia Tancredi (Odec Roma)

Dott. Giuseppe Marino (odcec Napoli, commissione contenzioso odcec Milano)

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