Accertamenti su indagini bancarie

L’accertamento basato su indagine finanziarie è lo strumento più deleterio che ci possa essere per l’economia, se siete soggetti a indagini finanziarie  rischiate grosso !! Eh si!!  perché la norma prevede che in assenza di adeguate giustificazioni delle entrate e delle uscite, l’intero importo non giustificato  sarà interamente considerato evasione fiscale. Attenzione tutto!  Anche le uscite, per cui se siete titolari di un c/c con entrate per 50.000 euro e uscite per 40.000, se non si è in grado di dare le giustificazioni  l’evasione fiscale è di 90.000 euro, una vera irrazionalità, ma la norma ha un fondamento logico se non giustificate le spese a chi sono dirette, sono acquisti in nero per cui pagate voi le tasse per l’altro evasore. Bene come dico sempre:  E cosi muore la libertà sotto gli applausi alla lotta all’evasione fiscale!

Riferimenti normativi: Articolo 32, comma 1, n. 2), del Dpr 600/1973, Articolo 51, primo comma, n. 2), del Dpr 633/1972

Riferimenti giurisprudenziali: Corte Costituzionale  sentenza n. 228, del 06/10/2014, Corte Costituzionale  sentenza n.10 del 31 gennaio 2023 , Cass.5586/2023, Cass.33564/2023, Cass.7122/2023, Cass.18653/2023

Gli accertamenti su indagini bancarie, in modo improprio definiti accertamenti bancari, sono previsti dal Testo unico degli accertamenti (D.P.R. 600/73) e costituiscono lo strumento più pericoloso per i contribuenti, perchè tutti i versamenti effettuati sui conti correnti non giustificati sono considerati evasione fiscale, ma non è finita, anche le uscite non giustificate vanno sommate alle entrate e il risultato assogettato a tassazione.

Soltanto quando l’importo dei versamenti è sproporzionato rispetto ai compensi dichiarati che scatta il sospetto di evasione sul quale si innesta la lettera e la ratio della norma di cui all’art. 32 Dpr 600/73.  Quindi bisogna preoccuparsi solo quando dai versamenti risultino movimenti che non trovano capienza nei compensi dichiarati. L’art. 32 non è applicabile quando, invece, la spoporzione tra compensi  versamenti non sussiste.

Se qualcuno dovesse pensare di essere al sicuro, si sbaglia di grosso, la Giurisprudenza a seguito della legge 311/04 ormai è consolidato l’orientamento in virtù del quale l’accertamento bancario è applicabile  non solo ai titolari di partita iva, ma anche ai dipendenti, perché anche loro possono essere evasori (ad esempio il doppio lavoro), poi se sono anche dipendenti pubblici rischiano anche di dover dimostrare che tali proventi non siano frutto di corruzione. I giudici di legittimità estendono quindi  anche ai lavoratori dipendenti la presunzione legale d’imponibilità prevista dagli articoli 32 del Dpr 600/1973 e 51 del Dpr 633/1972 e posta a fondamento degli accertamenti bancari Cassazione n. 8047 del 3/4/2013, dello stesso orientamento anche altre pronuncie in base alle quali  “gli artt. 32 e 38 Dpr 600/1973 hanno portata generale e pertanto riguardano la rettifica delle dichiarazione dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell’attività dagli stessi svolta e dalla quale quei redditi provengono Cassazione sentenza n.1401/2011, Cassazione sentenza n.19692/2011   .

L’articolo 32, comma 1, n. 2), del Dpr 600/1973, introduce una presunzione legale relativa a carico del contribuente che sia titolare di conti correnti bancari. Norma del tutto omologa, ai fini Iva, è prevista dall’articolo 51, primo comma, n. 2), del Dpr 633/1972, per cui cè un’ inversione dell’onere della prova, mentre i Romani avevano stabilito che deve provare chi accusa non chi si difende, (onus probandi incubit actori) perché la prova negativa è diabolica, in Italia del terzo millennio, siamo andati indietro all’età della pietra per cui deve provare chi si difende  e non chi accusa. Tale norma a mio parere è incostituzionale per  irragionevolezza nella parte in cui somma entrate e uscite e per limitazione del diritto alla difesa per la difficile prova negativa. Tale questione è stata presa in carico dalla Corte Costituzionale che a mio parere avrebeb dovuto abolirla, ma purtroppo come al solito ha preso una via di mezzo l’ha dichiarata incostituzionale solo per le uscite e limitatamente ai professionisti per irragionevolezza, perché il professionista non acquista merce al nero per cui non si applica la somma entrate e uscite, Corte Costituzionale  sentenza n. 228, del 06/10/2014.

Un vero e proprio scempio, la scelta del legislatore di tassare anche le uscite non giustificate, si basa sulla folle presunzione che quelle somme sono state necessarie ad acquistare beni per la rivendita non tassati e quindi la tassazione la fanno al complice dell’evasore.

Si consiglia di utilizzare sempre i bonifici, che consentono di individuare il beneficiario e la causale, perchè l’utilizzo degli assegni comporta un laborioso lavoro per accoppiarli a fatture, clienti e fornitori.

Attenzione, se qualche dipendente  di essere immune, si sbaglia di grosso, lo strumento si applica a chiunque e quindi anche ai dipendenti che fanno il doppio lavoro al nero.

Il riferimento normativo è l’art. 1 della Legge 311/2004 del 30/12/2004, che ha modificato l’articolo 32, comma 1, n. 2), del Dpr 600/1973, introducendo  una presunzione legale relativa a carico del contribuente che sia titolare di conti correnti bancari. Norma del tutto speculare, ai fini Iva, è prevista dall’articolo 51, primo comma, n. 2), del Dpr 633/1972, per cui cè un’ inversione dell’onere della prova, mentre i Romani avevano stabilito che deve provare chi accusa non chi si difende, (onus probandi incubit actori)

Soltanto quando l’importo dei versamenti è sproporzionato rispetto ai compensi dichiarati che scatta il sospetto di evasione sul quale si innesta la lettera e la ratio della norma di cui all’art. 32 Dpr 600/73.  Quindi bisogna preoccuparsi solo quando dai versamenti risultino movimenti che non trovano capienza nei compensi dichiarati. L’art. 32 non è applicabile quando, invece, la sproporzione tra compensi  versamenti non sussiste.

Tale norma è uno strumento degno dell’era della dittatura sovietica, ma tanto amata dali sceriffi delle tasse, che ha portato nel tempo anche delle distrosioni senza senso.

Si pensi ai professionisti, sommare le uscite non ha senso, cosa acquistano i professionisti per poi rivenderlo?

La Corte costituzionale con  sentenza  n. 228 del 2014, ha ritenuto Illegittima presunzione di acquisti a nero per i professionisti, per quest’ultimi la presunzione di evasione vale solo per le entrate non giustificate e non si eetnde alle uscite.

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 31 gennaio 2023 n. 10, si è recentemente pronunciata sulla
presunzione prevista dall’art. 32, comma 1, n. 2), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 affermando che
non è da considerarsi fondata la questione di legittimità costituzionale in materia tributaria che prevede
la presunzione per la quale i prelevamenti sul conto corrente, se non risultano dalle scritture contabili,
sono considerati ricavi dell’imprenditore commerciale, salvo che ne sia indicato il beneficiario e sempre-
ché non risultino dalle scritture contabili.

La Corte di Cassazione con la prima sentenza n. 12779 del 21/06/2016, ha annullato un accertamento su indagini bancarie  a carico del professionista, recependo la decisione dei giudici della Consulta che hanno tracciato una netta linea di demarcazione fra professionisti e imprenditori.

Quindi ai professionisti non si sommano le uscite.

Le conseguenze della presunzione. Se le percentuali di ricarico possono fondare la determinazione dei ricavi a partire dai costi, deve essere possibile effettuare il ragionamento  inverso ossia  calcolare  i costi dall’ammontare dei ricavi, tenuto conto del guadagno medio  di una determinata attività, in caso contrario abbiamo una illogicità della norma costituzionalmente discutibile.

La Corte di cassazione ha affermato il principio secondo cui in caso di accertamento basato su indagini bancarie ex art. 32 del DPR n. 600/1973 devono essere riconosciuti i costi in deduzione dei maggiori ricavi accertati senza che siano provati, ma in base alle percentuali di ricarico induttive. Ciò rilevando come sarebbe irragionevole riconoscere la deduzione dei costi soltanto in caso di accertamento c.d. “induttivo puro”, perché verrebbe avvantaggiato colui che non ha tenuto correttamente le scritture contabili e che pertanto sono considerate inattendibili dall’Amministrazione finanziaria. Cass.5586/2023, Cass.33564/2023, Cass.7122/2023, Cass.18653/2023

Prima di notificare l’accertamento è necessario un contraddittorio obbligatorio ossia chiedere chiarimenti a pena di nullità, la Giustizia europea non lascia scampo la violazione comporta la nullità.

Come difendersi dall’indagini bancarie:

1. Evitate di usare assegni, preferendo i bonifici perché hanno le causali e sono facilmente attribuibili.

2. Utilizzate per quanto possibile i contanti, le carte di credito consentono di verificare le vostre capacità di spesa per cui attenti al redditometro.

3. Tenete una contabilità, delle entrate e delle uscite dei vostri conti correnti, se vi chiedono spiegazioni siete subito pronti a fornirle, in caso contrario siete morti!!!

4.  La circolare dell’agenzia delle entrate del 06/08/2014 n.25/E,  ha stabilito che non bisogna esagerare e che la presunzione a importi esigui non deve essere attribuita (per cui piccolo prelevamenti e piccole spese si dà per scontato che sono prelevamenti personali)

5. La circolare dell’agenzia delle entrate del 06/08/2014 n.25/E,  ha stabilito ha stabilito inoltre che l’uso dell’accertamento bancario è consentito solo come extrema ratio, quindi solo quando la ricostruzione del reddito non è possibile con altre modalità (ovviamente la circolare non è legge e quindi nulla questio che possano fare diversamente, non vi fidate!) questa direttiva pero vincola l’ufficio e quindi potete utilizzarla in sede di processo tributario.

6. L’indagine finanziaria deve essere preceduta da un’autorizzazione del Direttore Regionale delle Entrate o del  Comandante regionale della Guardia di Finanza, per cui in mancanza l’accertamento è nullo Cassazione sentenza n. 16874 del 21/07/2009. L’autorizzazione deve garantire massima legalità e correttezza per un indagine straordinaria e delicata, per cui la mancata autorizzazione comporta la nullità dell’accertamento. Commissione Tributaria Provinciale di Roma sentenza 1353/11/2014 depositata il  28/01/2014, L’autorizzazione alle indagini bancarie non solo deve essere preceduta dall’accertamento, ma anche allegata allo stesso, in mancanza l’accertamento è nullo Commissione Tributaria provinciale di treviso sentenza n.  85/03/2012 depositata il 21/11/2012.

7. Ricordate che i nostri conti correnti sono in mano al Fisco, non c’è segreto bancario, ovviamente questa possibilità è esclusa  per i vip (politici e amici) per i quali l’archivio è segregato, alla faccia dell’uguaglianza tra i cittadini. E nessuno dice niente!!

8. Farsi seguire da uno specialista già nella fase delle indagini pre contenziose

Napoli,li 10/12/2023

Avv. Giuseppe Marino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *