Accertamenti tributari basati su una denuncia penale

Accertamenti tributari basati su una denuncia penale

Se cade l’accusa penale, l’accertamento tributario diventa immotivato e soprattutto mancante della prova. Il doppio binario non si applica quando gli stessi fatti sono alla base sia della denuncia penale sia dell’accertamento tributario in particolar modo per la falsa fatturazione oggettiva od oggettiva. Con l’onere della prova rafforzato ex art. 7 comma 5 bis del Dlgs 546/92 come modificato dal 16/09/2022 dalla l.130/82, diventa molto più  difficile per l’agenzia delle entrate sostenere i propri castelli di carta.

Riferimenti legislativi: Art.20 Dlgs 74/2000, Art. 654 del Codice di procedura penale.

Riferimenti giurisprudenziali: Cass. n. 1416/2007, Cass. n. 9958/2008

Prima esisteva la pregiudiziale tributaria  prevista dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4 con l’esigenza di assicurare l’unità, la certezza e la coerenza dell’accertamento giurisdizionale subordinava il giudizio penale alla definizione di quello tributario. I tempi biblici dei processi rendeva di fatto impunita qualsiasi attività di evasione e per questo motivo fu abolita.

I  rapporti tra il procedimento penale e quello tributario sono oggi disciplinati dall’art. 20 del D.lgs. n. 74 del 2000. La disposizione normativa di riforma del diritto penale tributario, inoltre, con l’art. 25 ha espressamente abrogato l’art. 12 della L. n. 516/82 che contemplava unicità di giudizio tra i fatti in materia tributaria e gli stessi fatti assunti in materia penale.

Di conseguenza come, sottolineato dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 154 del 2000, nonostante la piena autonomia dei due procedimenti, “troveranno applicazione le disposizioni ordinarie relative all’efficacia del giudicato penale e, in particolare, l’articolo 654 del Codice di procedura penale. In base a tale norma, per quanto qui interessa qualora i fatti materiali posti alla base della pretesa tributaria siano stati ritenuti rilevanti ai fini della sua decisione dal giudice penale e sempre che l’accertamento dei fatti operato dallo stesso giudice penale non si ponga in contrasto con norme di prova tributaria – art. 7, comma 4, del D.lgs. n. 546 del 1992, si rammenta che fino all’entrata in vigore della L.130/2022 avvenuta il 16/09/2022  non erano  ammessi il giuramento e la prova testimoniale – la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione ha efficacia di giudicato nei confronti dell’imputato e della parte civile.

 È utile sottolineare che, ricorrendo le ricordate condizioni, il giudicato penale nei confronti del contribuente-imputato fa sempre stato, anche quando l’amministrazione finanziaria  non abbia partecipato al processo penale”. La presa di posizione ministeriale, veniva confermata nella circolare n. 42/E del 26  settembre 2005.

 La sentenza della Corte di Cassazione n. 1416/2007, rappresenta una conferma di un orientamento teso ad affermare l’esistenza di una c.d. “terza via” per interpretare le disposizioni sui rapporti e sugli accadimenti avvenuti tra i due procedimenti. In virtù di questa posizione interpretativa è possibile affermare che non si può escludere che il Giudice tributario possa, in modo del tutto legittimo, esaminare il contenuto delle prove acquisite nel processo penale, ricostruendo il fatto storico in base alle medesime circostanze già esaminate in sede penale a condizione che venga posto in essere un distinto procedimento valutativo degli elementi probatori stessi e secondo le regole vigenti nel campo tributario (che, a differenza di quello penale, ammettono un ricorso anche alla prova presuntiva e impedivano fino a poco fa  la c.d. prova testimoniale).

Anche la sentenza della Corte di Cassazione, sez. trib., 16/05/2005, n. 10269, nel riaffermare che nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, almeno ché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’A.F. ha agito.

La Corte di Cass., sez. trib., con sentenza 16 aprile 2008, n. 9958 stabilì : “Qualora l’Amministrazione fornisca elementi di prova atti ad affermare la falsità di fatture, in quanto emesse per operazioni inesistenti, e il contribuente offra, anche attraverso la produzione di un giudicato penale, validi indizi in senso contrario il Giudice di merito non può esimersi dal prendere in considerazione il quadro indiziario complessivo, al fine di determinare con la maggior probabilità possibile la disponibilità patrimoniale dell’utilizzatore delle fatture, e i limiti della contestata evasione”.

Napoli,li 22/05/2023

Avv. Giuseppe Marino

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