I nuovi limiti per l’obbligo di nomina dell’organo di controllo nelle srl dai bilanci al 31/12/2022

La nuova norma prevede l’obbligo della nomina dell’organo di controllo se viene superato almeno 1 (prima erano 2) dei seguenti limiti negli ultimi due anni: Totale dell’attivo patrimoniale (considerato al netto

dei fondi rettificativi (fondo ammortamento, svalutazioni) 4 milioni di euro,  Ricavi delle vendite e delle prestazioni 4 milioni di euro, Occupati in media durante l’esercizio 20 dipendenti.

I sindaci sono responsabili per una condotta omissiva e dovranno dimostrare di aver posto in essere tutto quanto possibile in base alla diligenza professionale per evitare il danno.

 

Riferimenti normativi: Art. 2477 c.c. Art. 2403 cc, art. 2409 cc, art. 14 del D.lgs. n. 39/2010

 

L’art.  2477 c.c., consente alle  S.r.l. di nominare: un sindaco unico (a condizione che l’atto costitutivo non preveda espressamente la nomina di un organo collegiale, salvo modifica dell’atto costitutivo); un collegio sindacale oppure un soggetto esterno: il revisore ( il revisore legale dei conti o la società di revisione legale).

Il Revisore non è un organo societario, bensì un professionista, mentre il Collegio Sindacale è un organo interno della società con funzioni di controllo. Al revisore al contrario del Collegio sindacale non possono essere estese le attribuzioni dell’articolo 2403 c.c. (in senso contrario la massima 124 del Consiglio notarile di Milano), questo, pertanto, si occuperà della revisione dei conti.

Il codice della crisi di impresa reintroduce la possibilità di applicazione, per le società a responsabilità limitata, delle disposizioni dell’art. 2409 del c.c. in tema di denunzia al tribunale.

La norma si applicherà anche alle società prive dell’organo di controllo.

L’articolo 2409 del codice civile prevede che i soci possono fare denunzia al tribunale quanto vi è il fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione di impresa e in questo modo abbiano arrecato danno alla società.

La scelta del soggetto deputato ai controlli determina la possibilità, da parte dei soci, di scegliere il sistema dei controlli cui assoggettare la società:

vigilanza concomitante alla gestione ex art. 2403 c.c. e funzione di revisione legale ex art. 14 del D.lgs. n. 39/2010 cumulativamente affidate all’organo di controllo (sindaco o collegio sindacale); esclusiva funzione di revisione ex art. 14 del D.lgs. n. 39/2010 affidata al revisore.

Al sindaco unico possono, cumularsi la funzione di vigilanza e quella di revisione

legale dei conti; mentre, il revisore legale può essere incaricato esclusivamente di svolgere l’attività di revisione.

Assetto dei controlli obbligatori nelle SRL

Il terzo comma dell’art.  2477, stabilisce che l’assemblea dei soci nomina il sindaco unico (o il collegio sindacale e/o il revisore legale/società di revisione legale) nei casi in cui la società:

1. è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

2. controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

3. ha superato, per due esercizi consecutivi, almeno due dei limiti previsti dall’art. 2435-bis, co. 1, c.c. per la redazione del bilancio in forma abbreviata.

In ogni caso, la cessazione del sindaco unico avverrà al termine del periodo triennale di durata dell’incarico.

La disposizioni  normative sulla  nomina dell’organo di controllo per le Srl sono  state

più volte modificate  dal  D.Lgs 14/2019, con l’art. 1 c. 379 del D.Lgs. n. 14/2019 (“Codice della crisi d’impresa”), in vigore dal 15/02/2019, aveva modificato, tra l’altro, la disciplina dell’organo di controllo (sindaci o revisore) delle Srl: riducendo sensibilmente i limiti per la nomina di tale organo (art. 1 c. 379 D.lgs 14/2019) non più collegati a quelli previsti per la possibilità di predisporre il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis cc), che sono rimasti inalterati.

Le modifiche sono state le seguenti:

Valore di riferimento                                 Vecchio limite                    Nuovo limite

Totale dell’attivo patrimoniale                      4 milioni                           4 milioni

Ricavi delle vendite e delle prestazioni        8,8 milioni                          4  milioni

Occupati in media durante l’esercizio      50 dipendenti                   20 dipendenti

 

La  responsabilità dei sindaci

Ai sensi dell’art. 2403 del c.c.: «Il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall’articolo 2409-bis, terzo comma».

Un primo profilo di responsabilità dei sindaci è strettamente connesso ad una condotta propria altrui, è quella che derivante dalla condotta omissiva tipicamente posta in essere dai sindaci e disciplinata in termini di responsabilità dall’art. 2407 c.c., in particolare il comma 2: «1. I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. 2. Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica».

La norma dopo la riforma del 2003, rispetto al testo previgente, è stata modificata per la  natura della diligenza richiesta ai sin­daci: prima della riforma era assimilata a quella del mandatario, il quale è tenuto, ai sensi del comma 1 dell’art. 1710 c.c., «a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia»; e oggi, in seguito alla riforma, la norma richiede ai sindaci l’adempimento dei «loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico».

Quella del comma 2 rappresenta di gran lunga la casistica più ricorrente di responsabilità dei sindaci. In effetti, nella maggior parte delle ipotesi la violazione degli obblighi di controllo dei sindaci si accompagna ad un inadempimento degli amministratori ed entrambi rispondono (in solido) dei danni prodotti e non evitati.

Non vi è dubbio che un controllo di pura convenienza degli atti di gestione, ancorché sia configurabile un dovere dei sindaci di compiere verifiche in tale direzione, e di darne contezza nei modi previsti dal quinto comma dell’art. 2403, non potrebbe essere fonte di responsabilità concorrente dei sindaci, ai sensi del comma 2 dell’art. 2407, quando l’applicazione della “business judgement rule” porti ad escludere la responsabilità per gli stessi amministratori.

Si tratta peraltro di individuare i confini tra il controllo di merito, il quale esula dalle competenze del collegio sindacale, e il controllo di legalità. Sotto tale profilo, l’affermazione della responsabilità dei sindaci, solidale e concorrente con quella degli amministratori, «va correlata con la disposizione dell’art. 2403, che non limita il ruolo del collegio sindacale allo svolgimento di compiti di mero controllo contabile e formale, ma lo estende anche al contenuto della gestione. La previsione della prima parte del comma 1 dell’art. 2403, che attribuisce ai sindaci l’obbligo di vigilare sull’amministrazione dev’essere, infatti, combinata con quella del comma 3 e 4, che valorizzano l’impegno di controllo nel contesto della gestione, nel senso che il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati fatti, il che forma oggetto non già di una mera facoltà rimessa alla scelta del collegio sindacale, bensì di un potere-dovere, da esercitare in relazione alle specifiche situazioni. Il dovere di controllo dei sindaci sull’amministrazione e sull’operato degli amministratori esige di verificare il rispetto, da parte di questi ultimi, sia degli obblighi specificamente imposti dalla legge, sia del generale obbligo di gestire nell’interesse sociale secondo il parametro della diligenza .

La condotta sopra delineata deve essere integrata, altresì, dall’accertamento del nesso di causalità. Il comma 2 dell’art. 2407 c.c. postula la ricorrenza della responsabilità concorrente dei sindaci «quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica».

In effetti, i sindaci non rispondono per il fatto in sé che gli amministratori abbiano causato un danno alla società, ma solo in quanto abbiano violato un obbligo inerente alla loro funzione, omettendo di vigilare sull’amministra­zio­ne della società con la diligenza richiesta, di denunciare le irregolarità riscontrate o di assumere le necessarie iniziative sostitutive dell’organo gestorio e a condizione che se non avessero posto in essere siffatto comportamento, il danno non si sarebbe prodotto .

Costituisce un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità la considerazione che la natura contrattuale della responsabilità degli amministratori e dei sindaci comporti «che, mentre su chi promuove l’azione grava esclusivamente l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, incombe, per converso, su amministratori e sindaci dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti» L’orientamento giurisprudenziale  risalente alla sent. n. 2538/2005, secondo il quale l’accer­tamento del nesso causale è «indispensabile per l’affermazione della responsabilità dei sindaci in relazione ai danni subiti dalla società come effetto del loro illegittimo comportamento omissivo», a tal fine occorrendo accertare che «un diverso e più diligente comportamento dei sindaci nell’esercizio dei loro compiti (tra cui la mancata tempestiva segnalazione della situazione agli organi di vigilanza esterni) sarebbe stato idoneo ad evitare le disastrose conseguenze degli illeciti compiuti dagli amministratori».

Compete, dunque, all’attore fornire la dimostrazione del fatto che il diligente adempimento da parte dei sindaci dei loro obblighi avrebbe consentito di evitare il danno. Tuttavia, una tale dimostrazione non è, di per sé, affatto agevole in linea pratica : essa implica e richiede, infatti, di esercitare un giudizio di probabilità riguardo a conseguenze di atti e comportamenti che non sono stati posti in essere.


La  responsabilità dei revisori legali

Ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 39/2010 che, in attuazione della Direttiva n. 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, ha qui trasposto il testo dell’art. 2409-ter c.c. ora abrogato: «1. Il revisore legale o la società di revisione legale incaricati di effettuare la revisione legale dei conti: a) esprimono con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto ed illustrano i risultati della revisione legale; b) verificano nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili.

La relazione, redatta in conformità ai principi di revisione di cui all’articolo 11, comprende: a) un paragrafo introduttivo che identifica il bilancio di esercizio o consolidato sottoposto a revisione legale e il quadro normativo sull’informazione finanziaria applicato alla sua redazione; b) una descrizione della portata della revisione legale svolta con l’indicazione dei principi di revisione osservati; c) un giudizio sul bilancio che indica chiaramente se questo è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione e se rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell’esercizio; d) eventuali richiami di informativa che il revisore sottopone all’attenzione dei destinatari del bilancio, senza che essi costituiscano rilievi; e) un giudizio sulla coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio e sulla sua conformità alle norme di legge. Il giudizio contiene altresì una dichiarazione rilasciata sulla base delle conoscenze e della comprensione dell’impresa e del relativo contesto acquisite nel corso dell’attività di revisione legale, circa l’eventuale identificazione di errori significativi nella relazione sulla gestione, nel qual caso sono fornite indicazioni sulla natura di tali errori; f) una dichiarazione su eventuali incertezze significative relative a eventi o a circostanze che potrebbero sollevare dubbi significativi sulla capacità della società sottoposta a revisione di mantenere la continuità aziendale; g) l’indicazione della sede del revisore legale o della società di revisione legale.Nel caso in cui il revisore esprima un giudizio sul bilancio con rilievi, un giudizio negativo o rilasci una dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio, la relazione illustra analiticamente i motivi della decisione.

3-bis. Qualora la revisione legale sia stata effettuata da più revisori legali o più società di revisione legale, essi raggiungono un accordo sui risultati della revisione legale dei conti e presentano una relazione e un giudizio congiunti. In caso di disaccordo, ogni revisore legale o società di revisione presenta il proprio giudizio in un paragrafo distinto della relazione di revisione, indicando i motivi del disaccordo. La relazione è datata e sottoscritta dal responsabile dell’incarico. Quando la revisione legale è effettuata da una società di revisione, la relazione reca almeno la firma dei responsabili della revisione che effettuano la revisione per conto della società medesima. Qualora l’incarico sia stato affidato congiuntamente a più revisori legali, la relazione di revisione è firmata da tutti i responsabili dell’incarico.

Si osservano i termini e le modalità di deposito di cui agli articoli 2429, terzo comma, e 2435, primo comma, del codice civile. Si osservano i termini e le modalità di deposito di cui agli articoli 2429, terzo comma, e 2435, primo comma, del codice civile, salvo quanto disposto dall’articolo 154-ter del TUF.I soggetti incaricati della revisione legale hanno diritto ad ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili all’attività di revisione legale e possono procedere ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione.

La relazione del revisore legale o della società di revisione legale sul bilancio consolidato deve rispettare i requisiti di cui ai commi da 2 a 4. Nel giudicare la coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio, come prescritto dal comma 2, lettera e), il revisore legale o la società di revisione legale considerano il bilancio consolidato e la relazione consolidata sulla gestione».

La prima forma di responsabilità specifica dei revisori legali è prevista dall’art. 15 del d.lgs. n. 39/2010: «1. I revisori legali e le società di revisione legale rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti della società che ha conferito l’incarico di revisione legale, dei suoi soci e dei terzi per i danni derivanti dall’inadempimento ai loro doveri. Nei rapporti interni tra i debitori solidali, essi sono responsabili nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato. 2. Il responsabile dell’incarico ed i dipendenti che hanno collaborato all’attività di revisione contabile sono responsabili, in solido tra loro, e con la società di revisione legale, per i danni conseguenti da propri inadempimenti o da fatti illeciti nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati. Essi sono responsabili entro i limiti del proprio contributo effettivo al danno cagionato».

A ben vedere si tratta di una forma di responsabilità civile contrattuale o extracontrattuale, a seconda della tesi a cui si voglia aderire, astrattamente simile a quella degli amministratori e dei liquidatori, circoscritta alle conseguenze dannose derivanti dallo svolgimento dei propri compiti.

Eppure, rilevanti conseguenze di natura sostanziale tributaria dallo svolgimento dell’attività di revisione li possiamo ricavare dal significato della certificazione. La Corte di Cassazione Corte sentenza  n. 5926/2009 ha affermato che l’avvenuta certificazione, in tutti i suoi limiti oggettivi e soggettivi, avrebbe rilevanza non solo civilistica ma anche fiscale alla stregua di una presunzione semplice a favore del contribuente; essa, infatti, darebbe alle poste contabili corrispondenti ai costi, sia nel loro complesso che nella loro singolarità, dignità di corretta e provata contabilizzazione, limitando la scelta dei mezzi di accertamento presuntivo di natura induttiva dell’Agenzia delle Entrate. La relazione dei revisori ed il contenuto del bilancio revisionato condizionerebbero l’operato sia dell’amministrazione che del giudice «quando si tratti di accertare fatti che non possono essere dimostrati analiticamente  alcuni profili particolarmente forti» dell’«istituto della revisione del bilancio, se pur non consentono di affermare che la relazione di revisione garantisce la verità del bilancio, vincolano a riconoscere, a pena di inutilità dell’istituto, che essa costituisce una pronuncia qualificata sulla verità della contabilità e del bilancio» tale da dover essere tenuta in conto quale «documento incorporante enunciati sui quali sia l’ufficio tributario sia il giudice tributario si devono pronunciare o che possono essere privati della loro forza dimostrativa dei fatti attestati solo mediante prova contraria a carico dell’ufficio»; la Corte precisa, infine, che la prova contraria (cioè quella dell’inesistenza o non inerenza dei costi) può essere data dall’ufficio solo attraverso «documenti che siano idonei a dimostrare che nel giudizio di revisione il revisore è incorso in errore o ha realizzato un inadempimento» .

Napoli,li 13/04/2023

Avv. Giuseppe Marino

I commenti sono chiusi.