Il raddoppio dei termini degli accertamenti tributari, ormai abolito cronaca di un abuso del diritto

25042022

Il raddoppio dei termini degli accertamenti tributari, ormai abolito nel 2015 cronaca di un abuso del diritto

L’istituto del raddoppio dei termini per la notifica degli accertamenti tributari, ha esposto i contribuenti per anni a un abuso del diritto non di poco conto, bastava una denuncia penale per poter raddoppiare i termine a prescindere della sua fondatezza e dal suo esito. Fu introdotto nel 2006 dall’allora governo Prodi, fu poi modificato dal Governo Renzi nel 2015 per poi passare alla sua abolizione nello stesso anno.

Riferimenti normativi; Art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, Art.. 57 del D.P.R. n. 633/1972.,  Art. 37, commi 24 e 25, del D.L. n. 223/2006, Art. 17, commi 1 e 2, Dlgs 128/2015, Art. 1 Legge n. 208/2015 del 28/12/2015 

L’art.43 del Dpr 600/73 e l’art. 57 del Dpr 633/72  (termini per la notifica degli accertamenti) hanno subito diverse modifiche a seguito dell’introduzione del raddoppio dei termini.

L’istituto del raddoppio dei termini fu introdotto con l’art. 37, commi 24 e 25, del D.L. n. 223/2006 con applicazione a decorrere dal periodo d’imposta per il quale alla data di entrata in vigore del decreto fossero  ancora pendenti i termini (2006).

Gli sceriffi delle tasse con il D.L. n. 223/2006 aggiunsero il  comma 3 all’art. 43 del dpr 600/73, prevedendo che “in caso di violazione che comportasse  obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Reati tributari) , i termini di accertamento venivano  raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui era stata  commessa la violazione”. In parole semplici in caso di denuncia per  reati fiscali i termini di decadenza venivano raddoppiati.

In primo luogo si  precisa che il legislatore non menzionava né una proroga dei termini né una rimessione in termini; ma parlava di raddoppio dei termini. Le espressioni non sono equivalenti e la distinzione è rilevante.

Da questa norma sono nate tutta una serie di problematiche e di dubbi parzialmente risolti dalla Giurisprudenza e dalla nuova norma in vigore dal 02/09/2015, che si riassumono:

In caso di verifica che fosse intervenuta dopo la decadenza del termine cosa sarebbe successo?La  norma doveva  essere interpretata nel senso, che qualora la verifica  fosse avvenuta  prima del termine  di decadenza, ed entro lo stesso termine l’agenzia delle entrate avesse presentato  la denuncia in procura il termine si sarebbe legittimamente  raddoppiato, altrimenti a termine spirato l’ufficio non avrebbe potuto  più azionare alcuna pretesa. Un interpretazione diversa avrebbe contrastato  con il principio della notifica degli atti in termini certi enunciato dalla Consulta con la sentenza 280/2005 esponendo ingiustamente chiunque al raddoppio dei termini alle pretese del fisco il contribuente

Secondo problema, con l’agenzia delle Entrate che ormai ha abbandonato il principio della giusta tassazione sacrificandolo alla logica aziendale di raggiungimento degli obiettivi, qualora avesse potuto  usare la denuncia infondata per raddoppiare il termine strumentalmente, come ci si tutelava?

Il Giudice Tributario doveva valutare la fondatezza della denuncia, se questa  fosse risultata strumentale il Giudice doveva disapplicare  il raddoppio dei termini.

Purtroppo però per la maggior parte dei casi l’abuso del diritto non era quasi  riconosciuto e la maggior parte dei contribuenti furono prima visti come dei delinquenti e poi costretti a pagare, nonostante fosse intervenuta l’assoluzione successivamente.

Terzo problema, se il Giudice tributario avesse sbagliato  e avesse erroneamente valutato  fondata la denuncia e il tribunale penale avesse archiviato  oppure reputato infondate le accuse, perché mai l’ufficio avrebe dovuto  usufruire del raddoppio dei termini? La questione è stata sollevata anche dalla CTR di Napoli attuale Corte di giustizia tributaria di secondo grado,  che ritenne  di dover rimettere la decisione alla Corte Costituzionale in merito ad una possibile violazione degli articoli 24, 27, 97 e 3 della Costituzione poiché le modifiche apportate dal D.L. n. 223/2006 qualora la contestazione dell’Ufficio comportasse l’obbligo di denuncia penale (ai sensi dell’art. 331 c.p.p.), i termini per la notifica dell’accertamento sarebbero raddoppiate  attestandosi rispettivamente a 8 e 10 anni a seconda del tipo di violazione commessa. Quindi erano più tutelati i delinquenti che i contribuenti. Secondo la CTR di Napoli si prospettava  la violazione del fondamentale e costituzionalmente garantito diritto alla difesa di cui all’art. 24 Cost., atteso che l’art. 22, D.P.R. n. 600/1973 vincolando  il contribuente alla conservazione delle scritture contabili fino alla definizione degli accertamenti corrispondenti al relativo periodo d’imposta, e quindi ben sarebbe potuto  accadere, in presenza di riapertura di periodi d’imposta già “chiusi”, che lo stesso non avesse conservato  più le scritture, trovandosi incolpevolmente a dover affrontare il giudizio privo di qualsiasi documentazione.

Bene sapete cosa stabilì  la Corte Costituzionale?

Con la discussa sentenza n. 247 del 25 luglio 2011, la Corte Costituzionale dichiarò infondata la questione di legittimità costituzionale per violazioni degli articoli 24, 27, 97 e 3 ritenendo  il raddoppio dei termini pienamente legittimo perché, in sostanza, non si trattava di un allungamento del periodo stabilito in via ordinaria, ma di un termine nuovo e autonomo rispetto allo stesso.

La sentenza è stata oggetto di numerose critiche dalla dottrina e dagli addetti ai lavori, ma purtroppo la giustizia è stata sempre sacrificata per motivi di gettito!!!!!!!!!!!

Secondo la giurisprudenza pro contribuente, l’agenzia delle entrate avrebbe dovuto  presentare prima dello spirare del termine la denuncia penale per poter usufruire del raddoppio, con obbligo per il giudice di valutare la fondatezza della suddetta azione penale.

Dal 02/09/2015 , sposando la tesi della giurisprudenza più giusta il legislatore ha stabilito con la delega fiscale n.23/2014 che la procedura del raddoppio si avviava solo con la notitia criminis che doevav essere presentata o trasmessa entro la scadenza ordinaria dei termini. La denuncia doveva  essere presentata dai verificatori senza ritardo al Pubblico Ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., e ciò significava: Non appena lo stesso venisse a conoscenza del reato commesso dal contribuente. Sulle questioni vecchie silenzio assoluto e arbitrarietà a tutto spiano.

Quindi il 02/09/2015  nel D. Lgs. 128/2015 fu  introdotto l’obbligo di denuncia  effettiva e concreta prima dello spirare del termine ordinario di accertamento.

Il  D.Lgs. n. 128 (Decreto sulla certezza del diritto, attuativo della delega fiscale 11 marzo 2014, n. 23 che, con l’art. 17, commi 1 e 2, (“Modifiche alla disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento”), ha disposto la modifica e l’inserimento, negli artt. 43, c.3, del D.P.R. n. 600 del 1973, e 57, c. 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, del seguente periodo: «Il raddoppio opera a condizione che la denuncia sia presentata o trasmessa entro la scadenza ordinaria dei termini»

Per completezza si rammenta che il raddoppio dei termini operava solo per imposte dirette (ires, Irpef, Addizionali) e Iva, non per l’Irap, per l’Irap non si applicava, inoltre il raddoppio non operava per le sanzioni.

Con la Legge n. 208/2015 del 28/12/2015  fu finalmente abolito l’istituto del raddoppio dei termini per reati fiscali  ex D.Lgs. n. 74/2000, ponendo fine a uno dei periodi più bui della storia dei contribuenti.

Napoli.li 16/04/2023

Avv. Giuseppe Marino

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