Il raddoppio dei termini degli accertamenti tributari, ormai abolito nel 2015 cronaca di un abuso del diritto
L’istituto del raddoppio dei termini per la notifica degli accertamenti tributari, ha esposto i contribuenti per anni a un abuso del diritto non di poco conto, bastava una denuncia penale per poter raddoppiare i termine a prescindere della sua fondatezza e dal suo esito. Fu introdotto nel 2006 dall’allora governo Prodi, fu poi modificato dal Governo Renzi nel 2015 per poi passare alla sua abolizione nello stesso anno.
Riferimenti normativi; Art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, Art.. 57 del D.P.R. n. 633/1972., Art. 37, commi 24 e 25, del D.L. n. 223/2006, Art. 17, commi 1 e 2, Dlgs 128/2015, Art. 1 Legge n. 208/2015 del 28/12/2015
L’art.43 del Dpr 600/73 e l’art. 57 del Dpr 633/72 (termini per la notifica degli accertamenti) hanno subito diverse modifiche a seguito dell’introduzione del raddoppio dei termini.
L’istituto del raddoppio dei termini fu introdotto con l’art. 37, commi 24 e 25, del D.L. n. 223/2006 con applicazione a decorrere dal periodo d’imposta per il quale alla data di entrata in vigore del decreto fossero ancora pendenti i termini (2006).
Gli sceriffi delle tasse con il D.L. n. 223/2006 aggiunsero il comma 3 all’art. 43 del dpr 600/73, prevedendo che “in caso di violazione che comportasse obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Reati tributari) , i termini di accertamento venivano raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui era stata commessa la violazione”. In parole semplici in caso di denuncia per reati fiscali i termini di decadenza venivano raddoppiati.
In primo luogo si precisa che il legislatore non menzionava né una proroga dei termini né una rimessione in termini; ma parlava di raddoppio dei termini. Le espressioni non sono equivalenti e la distinzione è rilevante.
Da questa norma sono nate tutta una serie di problematiche e di dubbi parzialmente risolti dalla Giurisprudenza e dalla nuova norma in vigore dal 02/09/2015, che si riassumono:
In caso di verifica che fosse intervenuta dopo la decadenza del termine cosa sarebbe successo?La norma doveva essere interpretata nel senso, che qualora la verifica fosse avvenuta prima del termine di decadenza, ed entro lo stesso termine l’agenzia delle entrate avesse presentato la denuncia in procura il termine si sarebbe legittimamente raddoppiato, altrimenti a termine spirato l’ufficio non avrebbe potuto più azionare alcuna pretesa. Un interpretazione diversa avrebbe contrastato con il principio della notifica degli atti in termini certi enunciato dalla Consulta con la sentenza 280/2005 esponendo ingiustamente chiunque al raddoppio dei termini alle pretese del fisco il contribuente
Secondo problema, con l’agenzia delle Entrate che ormai ha abbandonato il principio della giusta tassazione sacrificandolo alla logica aziendale di raggiungimento degli obiettivi, qualora avesse potuto usare la denuncia infondata per raddoppiare il termine strumentalmente, come ci si tutelava?
Il Giudice Tributario doveva valutare la fondatezza della denuncia, se questa fosse risultata strumentale il Giudice doveva disapplicare il raddoppio dei termini.
Purtroppo però per la maggior parte dei casi l’abuso del diritto non era quasi riconosciuto e la maggior parte dei contribuenti furono prima visti come dei delinquenti e poi costretti a pagare, nonostante fosse intervenuta l’assoluzione successivamente.
Terzo problema, se il Giudice tributario avesse sbagliato e avesse erroneamente valutato fondata la denuncia e il tribunale penale avesse archiviato oppure reputato infondate le accuse, perché mai l’ufficio avrebe dovuto usufruire del raddoppio dei termini? La questione è stata sollevata anche dalla CTR di Napoli attuale Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che ritenne di dover rimettere la decisione alla Corte Costituzionale in merito ad una possibile violazione degli articoli 24, 27, 97 e 3 della Costituzione poiché le modifiche apportate dal D.L. n. 223/2006 qualora la contestazione dell’Ufficio comportasse l’obbligo di denuncia penale (ai sensi dell’art. 331 c.p.p.), i termini per la notifica dell’accertamento sarebbero raddoppiate attestandosi rispettivamente a 8 e 10 anni a seconda del tipo di violazione commessa. Quindi erano più tutelati i delinquenti che i contribuenti. Secondo la CTR di Napoli si prospettava la violazione del fondamentale e costituzionalmente garantito diritto alla difesa di cui all’art. 24 Cost., atteso che l’art. 22, D.P.R. n. 600/1973 vincolando il contribuente alla conservazione delle scritture contabili fino alla definizione degli accertamenti corrispondenti al relativo periodo d’imposta, e quindi ben sarebbe potuto accadere, in presenza di riapertura di periodi d’imposta già “chiusi”, che lo stesso non avesse conservato più le scritture, trovandosi incolpevolmente a dover affrontare il giudizio privo di qualsiasi documentazione.
Bene sapete cosa stabilì la Corte Costituzionale?
Con la discussa sentenza n. 247 del 25 luglio 2011, la Corte Costituzionale dichiarò infondata la questione di legittimità costituzionale per violazioni degli articoli 24, 27, 97 e 3 ritenendo il raddoppio dei termini pienamente legittimo perché, in sostanza, non si trattava di un allungamento del periodo stabilito in via ordinaria, ma di un termine nuovo e autonomo rispetto allo stesso.
La sentenza è stata oggetto di numerose critiche dalla dottrina e dagli addetti ai lavori, ma purtroppo la giustizia è stata sempre sacrificata per motivi di gettito!!!!!!!!!!!
Secondo la giurisprudenza pro contribuente, l’agenzia delle entrate avrebbe dovuto presentare prima dello spirare del termine la denuncia penale per poter usufruire del raddoppio, con obbligo per il giudice di valutare la fondatezza della suddetta azione penale.
Dal 02/09/2015 , sposando la tesi della giurisprudenza più giusta il legislatore ha stabilito con la delega fiscale n.23/2014 che la procedura del raddoppio si avviava solo con la notitia criminis che doevav essere presentata o trasmessa entro la scadenza ordinaria dei termini. La denuncia doveva essere presentata dai verificatori senza ritardo al Pubblico Ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., e ciò significava: Non appena lo stesso venisse a conoscenza del reato commesso dal contribuente. Sulle questioni vecchie silenzio assoluto e arbitrarietà a tutto spiano.
Quindi il 02/09/2015 nel D. Lgs. 128/2015 fu introdotto l’obbligo di denuncia effettiva e concreta prima dello spirare del termine ordinario di accertamento.
Il D.Lgs. n. 128 (Decreto sulla certezza del diritto, attuativo della delega fiscale 11 marzo 2014, n. 23 che, con l’art. 17, commi 1 e 2, (“Modifiche alla disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento”), ha disposto la modifica e l’inserimento, negli artt. 43, c.3, del D.P.R. n. 600 del 1973, e 57, c. 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, del seguente periodo: «Il raddoppio opera a condizione che la denuncia sia presentata o trasmessa entro la scadenza ordinaria dei termini»
Per completezza si rammenta che il raddoppio dei termini operava solo per imposte dirette (ires, Irpef, Addizionali) e Iva, non per l’Irap, per l’Irap non si applicava, inoltre il raddoppio non operava per le sanzioni.
Con la Legge n. 208/2015 del 28/12/2015 fu finalmente abolito l’istituto del raddoppio dei termini per reati fiscali ex D.Lgs. n. 74/2000, ponendo fine a uno dei periodi più bui della storia dei contribuenti.
Napoli.li 16/04/2023
Avv. Giuseppe Marino