Notifica a mezzo pec tramite indirizzi non rientranti nei registri ufficiali, la debole difesa del fisco

L’agenzia entrate riscossione, per difendersi dall’uso di indirizzi pec non rientranti nei registri ufficiali sostiene in primo luogo, che l’impugnazione sana la nullità, in secondo luogo che l’obbligo riguarda soltanto la pec del destinatario, ma non del mittente, in terzo luogo che l’obbligo riguarda gli atti processuali e non quelli amministrativi.

Tali tesi difensive non hanno alcun riscontro giuridico, anche se alcune commissioni pro fisco, gli danno ragione.

La prima eccezione difensiva è particolarmente insidiosa, perché se si impugna un  intimazione e le cartelle presupposte, sull’intimazione alcuni giudici e dicono che con il ricorso  sia va a sanare, e sulle cartelle invece che andava fatto il ricorso entro 60 giorni.

In poche parole ci facciano capire cosa fare, perché se si impugna si sana, se non si impugna ci dicono che si doveva fare il ricorso nei 60 gg e quindi è preclusa ogni difesa.

In realtà se si sposa la tesi della sanatoria, sull’intimazione si potrebbe riconoscere il raggiungimento dello scopo, ma certamente non sana gli atti presupposti non impugnati (le cartelle).

Nessuna sanatoria può essere in ogni caso riconosciuta perché l’utilizzo per le notifiche degli atti tramite  indirizzi non rientranti nei registri ufficiali sono inesistenti e non nulle.

La inesistenza non ammette alcuna sanatoria, la Cassazione  a Sezioni Unite con le sentenze  n. 14916/2016 e n. 29729/2019, hanno delineato le differenze tra notifica inesistente e notifica nulla, quella nulla può essere sanata ex art. 156 cpc con l’impugnazione per avvenuto raggiungimento dello scopo, ad esempio incertezza sulla persona che ricevuto l’atto,  quella inesistente non può mai essere sanata, ad esempio, notifica tramite società privata o agente notificatore senza patentino oppure da indirizzo pec non rientranti nei registri ufficiali.

L’inesistenza quindi si verifica ogni qualvolta si sta fuori lo schema legale previsto dalla legge.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 20 luglio 2016, n. 14916,  in tema di inesistenza e nullità della notifica ha chiarito definitivamente che: “L’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato ”.

Scientemente può essere utile impugnare l’atto successivamente con l’atto successivo, oppure se in decadenza, dopo l’avvenuta decadenza, ma entro i 60 giorni previsti. Ad esempio l’atto notificato a dicembre scade a febbraio, ma decade il 31 dicembre, in questo caso è utile impugnarlo da Gennaio.

La sentenza della Cassazione a SS.UU n. 19854 del 5/10/2004 (vittoria del grande prof. Glendi), statuendo la sanatoria del vizio di notifica a seguito dell’intervenuta impugnazione dell’Atto, specifica chiaramente che tale sanatoria opera al momento dell’impugnazione dell’Atto con effetto ex nunc, ma qualora l’impugnazione avvenga oltre il termine di decadenza previsto dalle singole Leggi di imposta, l’Atto è comunque nullo per intervenuta decadenza e non sanabile.

Con riferimento alla seconda tipologia di difesa, si fa presente che anche la Pec del mittente deve essere negli elenchi ufficiali la norma impone l’utilizzo delle pec registrate nei pubblici elenchi per tutte le notifiche processuali, quindi tale distinzione non ha ragione di esistere, tra l’altro la ratio della norma è garantire che  i pubblici elenchi servano a garantire la certezza della provenienza degli atti. (Commissione Tributaria Regionale di Torino sentenza n. 772/2/2022 depositata il 11/07/2022)

La terza eccezione difensiva in base alla quale che l’obbligo riguarda gli atti processuali e non quelli amministrativi, avvalora la classica frase due pesi e due misure, perché  se  il  disposto dall’art. 26, comma 5, del D.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di notifica della cartella di pagamento) e dall’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), rinviano in tema di notifiche  alle  norme sulle notificazioni nel processo civile, ai sensi dell’art. 3-bis della Legge 21 gennaio 1994  n. 53, la notificazione via PEC, per considerarsi valida, deve essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante che risulti da pubblici registri.

Napoli,li 29/08/2022

Avv. Giuseppe Marino

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