La Prescrizione delle cartelle è 5 anni e non 10 anni (la tassa automobilistica 3 anni), l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario, per cui se la sanzione si prescrive dopo 5 anni, anche il tributo si prescrive nello stesso termine ( CGT Reggio Emilia n.8/2023, Cass. a Sez. Unite, Sentenza n. 25790 del 10/12/2009 )
Riferimenti normativi: Art.20 Dlgs 472/97, art. 2948 cc, art. 2953 cc
Riferimento giurisprudenziali: Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Reggio Emilia, sezione 1, sentenza n. 8/2023 depositata in data 19/01/2023 (Presidente e Relatore: MontanariMarco), Cass. a Sez. Unite, Sentenza n. 25790 del 10/12/2009, Cass. SS. UU. n° 25790/09 e Cass. SSUU 23397/2016, Corte Costituzionale con la sentenza n. 280/05
L’art. 2948 del codice civile al comma 4 stabilisce che : gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi si prescrivono dopo 5 anni.
L’art. 20, 3 comma, D. lgs.n°472/97 stabilisce che : le sanzioni tributarie si precrivono dopo 5 anni.
l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario Cass. a Sez. Unite, Sentenza n. 25790 del 10/12/2009.
Ormai è pacifico che i tributi locali (imu, tarsu, ici, Tari, tares..) si prescrivono dopo 5 anni, perché si pagano anno per anno, non ci comprende per quale motivo le imposte da dichiarazione dei redditi, che si presenta anno per anno debbano prescriversi in 10 anni anziché 5 anni.
Ci sono nonostante varie sentenze delle SSUU due orientamenti, uno a favore del quinquiennio, l’altro a favore del termine decennale, in ogni caso in ogni caso la sanzione tributaria (art.20 Dlgs 471/97) e gli interessi (art.2948 cc) si prescrivono dopo cinque anni.
Io ritengo che la tesi giusta sia quella dei 5 anni, in base alle seguenti considerazioni giuridiche:
In merito alla prescrizione quinquiennale delle cartelle la Corte di Cassazione in ben due occasioni ha espresso un principio, ossia quello in base al quale le cartelle si prescrivono dopo 5 anni se non opposte e dieci se c’è una sentenza passata in giudicato, Cass. SS. UU. n° 25790/09 e Cass. SSUU 23397/2016.
La stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 280/05 , osservò che, sotto il profilo del principio del diritto di difesa (art. 24 Cost.), non è “consentito lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione”; l’arco temporale di potenziale riscossione del credito erariale non può e non deve apparire “certamente eccessivo e irragionevole”.
Per cui non si condivide la tesi dell’agente della riscossione della prescrizione decennale.
I giudici della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 23397 depositata in data 17/11/2016, hanno definitivamente stabilito che le pretese della Pubblica Amministrazione (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Comuni, Regioni etc.) si prescrivono nel termine “breve” di cinque anni, eccetto nei casi in cui la sussistenza del credito non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.
Secondo la Suprema Corte la cartella esattoriale, pur avendo le caratteristiche di un titolo esecutivo, resta un atto amministrativo privo dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, il che significa che la decorrenza del termine per l’opposizione, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, mentre non determina alcun effetto processuale, sicchè non può trovare applicazione l’art. 2953 cod. civ. ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve (quinquennale) in quello ordinario decennale. Cass. civ. Sez. Unite, Sent. n. 23397 del 17/11/2016
Attualmente si continua a sostenere la prescrizione decennale, ma alla luce delle SSUU 25790/09 e 23397/2016, con la guida della sentenza della Corte Costituzionale sent. 280/05 il quadro è il seguente: Le cartelle per il bollo auto si prescrivono dopo 3 anni e per tutti gli altri tributi 5 anni , se c’è una sentenza passata in giudicato 10 anni. a parere di chi scrive, questo è l’orientamento corretto, perchè se l’art. 2948 stabilisce la prescrizione breve per gli adempimenti anno per anno, non ci comprende per quale motivo le imposte da dichiarazione dei redditi, che si presenta anno per anno debbano prescriversi in 10 anni anziché 5 anni.
L’altro orientamento invece ritiene che la prescrizione sia quinquiennale per tutte le cartelle con tributi a cadenza annuale, (tributi locali, cciaa, tasse ccgg), tre anni per il bollo auto e dieci anni per gli erariali (Irpef, Iva,Irap).
Il bollo auto o tassa automobilistica si prescrive dopo 3 anni come previsto dalla’art 3 del D.L. 6 gennaio 1986, n. 2.(Gazz. Uff. n. 4 del 7 gennaio 1986)
Gli ultimi interventi giurisprudenziali di legittimità (Cassazione, nn. 12740/2020; 32308/2019) valorizzerebbero a pieno il termine decennale circa la prescrizione dei tributi erariali, individuando il termine prescrizionale delle imposte e delle sanzioni, conseguenti ad atto non impugnato, in quello decennale previsto dall’art 2946 cc, in base al presupposto che non esista, nell’ordinamento tributario, una norma che quantifichi questo termine e, dunque, lo individuano nel termine prescrizionale ordinario decennale; ma, in effetti non è così, il termine esiste ed è quello individuato dall’art. 20, 3 comma, D. lgs.n°472/97 che lo quantifica in 5 anni per sanzioni amministrative; se si considera, infatti, che la giurisprudenza di legittimità ha, più volte, precisato come imposta e sanzioni, una volta accertate ed irrogate ,abbiano un vita simbiotica ( insomma simul stabunt simul cadunt), una vita e un destino comune, non vi è motivo per non valorizzare il termine quinquennale, individuato per le sanzioni dalla norma “speciale” , come applicabile, anche, alla imposte che non sono dotate, “specificatamente” ,di una diversa norma“speciale” sempre applicabile, secondo il principio che “lex specialis derogat generali”.
D’altronde, i precedenti della Suprema Corte, anteriori a quelli precedentemente richiamati, hanno già affermato questo principio ; infatti è stato detto che “Il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario Cass. a Sez. Unite, Sentenza n. 25790 del 10/12/2009
Napoli,li 01/03/2023
Avv. Giuseppe Marino
Lascia un commento